Qualche blog fa ammonivo circa il rischio che l’Ucraina potesse trasformarsi in una nuova Jugoslavia. Con rischi abbastanza elevati, stavolta, di deflagrazione generalizzata, trattandosi di un’area al confine fra Russia e Occidente. Gli ultimi episodi dimostrano che si sta scivolando verso una situazione estremamente pericolosa di questo genere. Come prevedibile, la rivolta di piazza Maidan, con l’avvento al potere di forze apertamente di destra in Ucraina e la cacciata del governo Yanukovich, sta determinando una serie di reazioni a catena che rischiano di diventare incontrollabili.

Alla base di tale rivolta potevano essere anche motivazioni giuste, come la volontà di disfarsi di un governo che buona parte della popolazione avvertiva come corrotto ed inadeguato. Ma coloro che gli sono subentrati non sembrano certo meglio. Inoltre, è stato posto un precedente molto negativo, la possibilità di rovesciare un governo democraticamente eletto. Soprattutto, la chiara intenzione dei nuovi governanti di Kiev di giocare sul tasto delle spaccature storiche del Paese fra Ovest ed Est, che si richiamano alle memorie storiche della Seconda guerra mondiale e ancora prima, esemplificate soprattutto dalla decisione di eliminare il russo come una delle lingue ufficiali del Paese, hanno innescato, come perfino un bambino avrebbe potuto prevedere, il seme della guerra civile e della spaccatura violenta del Paese.

La decisione del nuovo governo di Kiev di usare l’esercito contro i rivoltosi dell’Est appare in questo quadro un’ulteriore manifestazione di irresponsabilità e potrebbe portare a conseguenze irreparabili. Il ministro dell’Interno ucraino evoca apertamente l’ipotesi della guerra fra il suo Paese e la Russia per far fronte all’opposizione che si sta sviluppando nella parte orientale dell’Ucraina e che risponde in massima parte a motivazioni, storiche, culturali ed economiche, di ordine interno. Esasperando lo scontro, il governo di Kiev vuole legittimarsi come mosca cocchiera della Nato e fautore della sua espansione verso Est, ma si tratta di una strategia molto avventata.

Come pure da condannare è l’atteggiamento di Obama, della Nato e dell’Unione europea. E’ infatti manifestazione di deteriore mancanza di obiettività e strumentale faziosità considerare determinati fenomeni, fra loro simili, espressione da un lato di una genuina rivolta popolare e, dall’altro, atti di terrorismo ispirati da una potenza straniera. Non è ammissibile che i rivoltosi di piazza Maidan siano considerati legittimi rivoluzionari e quelli dell’Est terroristi. Occorre operare uno sforzo di obiettività e delineare un percorso per una soluzione pacifica della crisi che è ancora possibile.

Tale soluzione poggia su alcuni pilastri. L’Ucraina dovrà essere non allineata e neutrale dal punto di vista internazionale; federale e plurale da quello interno. Solo in tal modo potrà svolgere il necessario ruolo di ponte fra Est ed Ovest, ponendo fine  da un lato alla sindrome da accerchiamento della Russia, che consente anche a Putin di accentuare taluni aspetti autoritari del suo regime, e dall’altro alle storiche paranoiche dei Paesi confinanti che sono oggi membri dell’Unione europea. Quest’ultima e la Russia hanno bisogno l’una dell’altra per una serie di motivazioni di carattere economico, come la fornitura di gas, e non solo.

L’ipotesi di una nuova guerra fredda è del tutto antistorica e risponde solo alle esigenze dei settori più reazionari legati agli interessi del complesso militare-industriale e contrari a una gestione effettivamente multipolare delle tensioni e delle problematiche globali.

Si tratta di tematiche fondamentali per il futuro di noi tutti. Ma il governo Renzi tace. Non aiuta, va detto,  la sostituzione di un’esperta e navigata conoscitrice dei problemi internazionali, come Emma Bonino con una figura come la Mogherini, che ripropone in sostanza la storica subalternità del nostro Paese alle scelte statunitensi (beninteso, non che la Bonino non fosse filo-Nato, ma l’impressione è che lo fosse in modo più intelligente). Occorre invece rafforzare le posizioni politiche critiche nei confronti di questo allineamento bovino. Lista Tsipras e Movimento Cinque Stelle devono incontrarsi per  rilanciare una politica estera diversa, che configuri un nuovo ruolo dell’Europa che sia solidale al suo interno e fattore reale di pace verso l’esterno. Altrimenti potrebbe mettersi davvero male.

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