Erano poco più di 25 anni fa.

Poco dopo la mezzanotte del 24 marzo 1989, la petroliera Exxon Valdez colpì Bligh Reef nei pressi di Prince William Sound, in Alaska. La petroliera riversò in mare almeno 11 milioni di galloni di petrolio grezzo che sommersero 1.300 miglia di costa dell’Alaska. I danni ai pesci, agli uccelli, alle comunità locali furono incalcolabili. Fu tutto devastato. Uno dei residenti ricorda: “Si poteva sentire l’odore del petrolio prima ancora di vederlo. Non c’erano più pesci, non c’erano più uccelli. Potevi sederti li ed era tutto di un silenzio di morte. E così tutti la chiamavano la zona morta”.

Dopo 25 anni e 4,3 miliardi dollari in costi di pulizia, le tracce del petrolio e della monnezza persistono ancora sulle spiagge dell’Alaska e sulla psiche di chi vive li. Ci sono ancora cause in corso per determinare l’esatto ammontare delle ricompense da offrire ai residenti e allo stato dell’Alaska, molti sono andati via e non sono più tornati.

Inizialmente i giudici decisero che fra danni all’ecosistema e danni punitivi la Exxon dovesse pagare 5 miliardi di dollari. Dopo vari tira e molla legali, la cifra si ridusse di $250 milioni per compensare i danni più $507 milioni in danni punitivi più $470 milioni in interesse.

In totale morirono circa 250 mila uccelli, 2800 lontre e 300 foche. Per le lontre ci sono voluti esattamente 25 anni per il ritorno alla normalità, che è stato annunciato dall’ US Geological Survey – l’Usgs – a marzo 2014.

Il motivo di questa lentezza? “Chronic exposure to hydrocarbons” secondo la Exxon Valdez Oil Spill Trustee Council, creata per gestire il ripristino ambientale. Durante questi decenni,  le foche avevano tassi di mortalità elevati e abnormalità genetiche consistenti con la presenza di idrocarburi nell’ambiente. Per altre specie il ritorno allo stato pre-petrolio non è ancora arrivato.

Cinque anni fa, in occasione del ventesimo anniversario del disastro, lo stesso Council scrisse che: “Il petrolio della Exxon Valdez persiste nell’ambiente e, in alcuni casi, è tossico tanto quanto lo era durante le prima settimane dallo scoppio”.

Non credo che che le cose siano molto migliorate in questi cinque anni. E gli umani? La storia più triste è forse quella di Cordova, Alaska, dove la pesca scomparve del tutto, e con essa il modo di vivere di una intera città: crollo della pesca, crollo dell’economia locale, aumento di consumo di droga, malattie e suicidi. Ancora adesso pescano petrolio dai mari di Cordova.

In Italia ci continuano a dire che gli incidenti non ci saranno o che in merito a possibili perdite “il progetto esclude tali eventualità”. Ma nessuno ha la sfera di cristallo, e come sempre basta un solo incidente per rovinare l’ecosistema per sempre, o quasi. Oil spills are forever.

Qui le foto delle conseguenze dello scoppio della Exxon Valdez.

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