“Mamma non uccidere la mosca”. Credevo che Luca scherzasse. Quella malefica mosca che mi ronzava tutto il giorno intorno. Ma era solo l’inizio: le ha addirittura dato un nome. Tosca la mosca. “Non possiamo farla uscire, fuori fa freddo. Morirebbe”, diceva. Era gennaio, fuori nevicava. Così mi sono abituata: mi alzavo e mi stupivo se non sentivo quel ronzio. Che fa, dorme? Ormai mica potevo farla fuori. Me lo impedivano i miei figli. E poi mi sono accorta che qualcosa era cambiato: quella mosca era un animale. Era vivo.

Capita, troppo raramente, che ci lasciamo insegnare qualcosa dai bambini. Li ho sempre rimproverati per quella tendenza un po’ “animista” che gli deriva dall’infanzia: vedono ovunque la vita. Danno a ogni cosa un’identità. Picchiano contro lo spigolo e si arrabbiano con il tavolo. Si affezionano ai giocattoli. E io a ricordare che i testimoni dei ricordi, della vita siamo noi. Non gli oggetti anche se ci accompagnano per anni. Poi è arrivata Tosca. E oggi le formiche che invadono la cucina.

E, però, non riesco più a passarci lo straccio. Sono vive, me lo hanno insegnato i bambini. Esagerano? Forse. Ma gliene sono grata. Non è solo per via delle mosche. É che loro mi hanno ricordato che bisogna avere cura per la vita, per quanto piccola, per noi inafferrabile e apparentemente insignificante. Che cosa ne sappiamo di quel che ronza nella microscopica testa di una mosca? E in quella delle cicale che, come impazzite, passano l’estate a massacrarci i nervi con quel suono inesorabile che dicono sia un richiamo d’amore? Così adesso, nei faticosi momenti prima di alzarmi, presto attenzione ai richiami degli uccelli che, come me, si stanno svegliando sul ciliegio davanti alla finestra. E mi sento meno sola. C’è qualcosa di corale nella nostra esistenza. Mio marito mi ricorda sempre che nella solitudine di un appartamento di Roma aveva finito per affezionarsi ai ragni. É assurdo, lo so. Lo diceva, però, anche Joseph Conrad nell’Agente Segreto: non sono solo le rondini ad annunciare la primavera. Ma anche gli orrendi mosconi che sbattono contro i vetri. Cercando il caldo. E la luce. Il punto è che i bambini riconoscono meglio di noi la vita altrui. Sanno immedesimarsi. Rispettare le differenze. Vale per Tosca, ma anche per le persone.

Dal Fatto Quotidiano del Lunedì, 31 marzo 2014 

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