“Non voterò riforme scritte dal terzo governo non scelto dagli italiani solo per consentire ai partiti di governo di mettersi una medaglia prima delle Europee”. E ancora: “Quella del Senato è inaccettabile e indigeribile. O si cambia o tanto vale chiudere del tutto palazzo Madama”. La strada delle riforme volute da Matteo Renzi si complica non poco, dopo l’uscita di Silvio Berlusconi in un intervento telefonico durante una convention di Forza Italia a Milano. Sì, perché è noto che senza i voti dei berlusconiani, al Senato i numeri per far passare il provvedimento non ci sono. Ed è altrettanto evidente che, senza l’abolizione del Senato, si interrompe anche il percorso della legge elettorale, che è pensata per essere applicata solo alla Camera dei deputati (dando quindi per scontata la funzione del Senato come organo non elettivo). In realtà poi l’ex premier dice che “Forza Italia resta convinta sostenitrice della necessità di riformare il Senato ed è pronta a discutere ogni dettaglio”. 

Se da un lato quindi mantiene una posizione ambigua sulle riforme, dall’altra Berlusconi accelera e mette in discussione il “traguardo 2018” del governo, ripetuto come un mantra da Renzi. L’ex premier pone un orizzone di non più di 18 mesi: “Otterremo la vittoria alle prossime elezioni politiche fra un anno o un anno e mezzo e potremo così tornare ad essere la democrazia che adesso non siamo”.

Berlusconi non si limita a stoppare le riforme di Renzi, ma propone una sua agenda: “La prima riforma da fare è l’elezione diretta del capo dello Stato. Un grande diritto che manca ai cittadini è quello dell’elezione diretta del presidente della Repubblica”. Poi critica la riforma delle Province che “purtroppo” è già stata votata da Senato e Camera. Si tratta di “riforme che fanno da nodo al Paese per i prossimi decenni”.  

Un intervento, quello dell’ex Cavaliere, che smentisce di fatto le parole pronunciate pochi minuti prima dal suo segretario politico Giovanni Toti, che aveva assicurato (forse per mettere una pezza all’imbarazzante fuorionda trapelato in mattinata) di non temere per la tenuta delle riforme: ”Siamo preoccupati dell’abbraccio con Renzi perché siamo preoccupati della qualità delle riforme, ma questo non vuol dire che faremo saltare il tavolo“. 

I TIMORI DI TOTI
– Non c’è solo la condanna definitiva del capo, la decadenza da senatore, il timore per una fine ingloriosa da delinquente molto lontana da quella da statista che Silvio Berlusconi ha provato a cucirsi addosso in questi 20 anni di cavalcata politica. Non c’è solo questo che pure basterebbe. Ci sono le elezioni europee alle porte, e c’è, soprattutto, una data che Toti stesso, ascoltato da Repubblica tv in colloquio con Maria Stella Gelmini, dipinge come “angosciante” per l’ex Cavaliere: è il 10 aprile, giorno in cui, davanti ai giudici del tribunale di sorveglianza di Milano, verrà discussa la sua richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali. Richiesta presentata dopo che la Cassazione lo ha condannato, l’1 agosto 2013, per frode fiscale nel caso Mediaset a quattro anni di reclusione, tre dei quali coperti da indulto e, il 18 marzo scorso, definitivamente, a due anni di interdizione dai pubblici uffici


video di Alessandro Madron e Francesca Martelli

A decidere sull’istanza saranno il presidente della sorveglianza Pasquale Nobile De Santis e il giudice relatore Beatrice Crosti, affiancati da due esperti esterni. Il loro provvedimento dovrà essere depositato entro cinque giorni. Se la richiesta dovesse avere il via libera, dai 12 mesi da scontare potrebbero essere tolti 45 giorni riducendo quindi il periodo di affidamento a 10 mesi e mezzo. Nel caso in cui, invece, la richiesta dovesse essere bocciata, a Berlusconi toccherebbe la detenzione domiciliare e, vista anche la sua età, 77 anni compiuti lo scorso settembre, non il carcere, visto che dopo i 70 anni la legge ‘Salva Previti’ da lui stesso voluta lo mette a riparo da qualsiasi patria galera. Anche se è proprio il carcere a spaventare l’ex presidente del Consiglio che teme la solita congiura di stampa e magistrati comunisti, uniti nel voler distruggere il suo mito mostrandolo in manette alla gente.

E le riforme? “Troppo timide”, secondo Toti. “La legge elettorale è andata cosi – ha detto a margine di un incontro a Milano – e ora si vuole ritardarne l’approvazione, la riforma de Senato certamente non ci convince. Se questo deve essere il Senato – ha concluso forse meglio chiuderlo”. L’attuale braccio destro di Berlusconi lo ha detto anche stamattina, dopom la divulgazione dell’audio di Repubblica in cui si dice “estremamente preoccupato”: “Ci stiamo caricando di responsabilità che non sono nostre. Stiamo dando sangue per riforme che non sono nostre. È il caso che i sottoscrittori dell’accordo sulle riforme tornino a sedersi attorno a un tavolo e ridiscutano perché noi sul testo del Senato non ci stiamo: è scritto male, è tecnicamente fatto male”.

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