Il Mediterraneo deve tornare a essere un mare di pace. L’ho detto al recente vertice su Mediterraneo e sicurezza organizzato a Napoli dalla Rappresentanza italiana della Commissione Ue. Parlare a Napoli di culture e integrazione è naturale, infatti. Napoli ha nel suo dna la cultura dell’accoglienza; siamo sempre stati crocevia del Mediterraneo, luogo d’incontro di popoli e culture. E da Napoli, in direzione Roma e soprattutto Bruxelles, con le elezioni europee che si approssimano, deve partire una messaggio forte e chiaro: le politiche per i migranti devono tornare a essere innanzitutto politiche sociali. Conosciamo bene i risultati dell’approccio securitario che è stato introdotto dal governo Berlusconi. Un approccio che, negli ultimi anni, non ha prodotto risultati ma solo fallimenti. Anche sul fronte di quella sicurezza che si voleva privilegiare, sulla pelle dei migranti, nel nome della “fortezza Europa” e vellicando le paure di tanti cittadini spaventati dall’incontro con l’alterità. L’Italia non è stata in grado neanche di rilasciare i permessi di soggiorno a quanti fuggivano dalla Libia, mentre infuriavano i nostri bombardamenti, quelli della Nato. Ci siamo colpevolmente dimenticati che i migranti fuggono da guerre, povertà e carestie.

Ecco i frutti avvelenati degli “imprenditori politici della paura”. Le scorie di chi, a incominciare dal forzaleghismo, ha puntato sulla demonizzazione dei migranti per lucrare consensi elettorali.

La brutale e falsa “paura della diversità”, di chi ha imbrogliato gli italiani. Promettendo di bloccare fenomeni che non si possono fermare, ma che si possono governare. Utilizzando buon senso e serietà, senza gridare alle invasioni barbariche.

La differenza è una ricchezza e mai una minaccia. Perché accogliere i migranti non è solo dovere morale, ma ragionevolezza economica. I benefici dell’accoglienza, infatti, sono maggiori dei costi. Nel 2011, il reddito prodotto dagli stranieri è stato di 13,3 miliardi di euro, contro 11 miliardi spesi per l’integrazione. Dunque, il saldo economico è positivo. I migranti sono una risorsa. Non solo culturale ma anche economica. E’ grazie ai migranti, ad esempio, che riusciamo a mantenere il nostro sistema di welfare. Stato sociale la cui fattibilità economica è stata negli anni recenti messa in pericolo dalla flessione demografica italiana e che proprio gli “imprenditori della paura” vogliono smantellare, ingannando nuovamente gli italiani: scacciando i migranti per tagliare i diritti, anche agli italiani.

Credo, allora, che il nuovo governo possa e debba cambiare. Ora. Renzi si è dimostrato sensibile su questi temi. L’Italia può compiere la svolta buona. La svolta per rottamare le politiche scellerate che sono state fatte in questi anni e che hanno fatto tristemente retrocedere l’Italia fra i paesi che meno rispettano i diritti umani. La svolta per scassare il business della paura, di chi propone involuzioni autoritarie, fasciste e razziste, e che inganna i cittadini raccontando loro che è possibile fuggire la globalizzazione, rinchiudendosi nella piccole patrie.

Questa politica ha degradato l’Italia, culla del diritto, in un paese ostile e illegale, che ha subito pesanti censure internazionali, in tema di diritti umani, come dimostrano le sentenze contro l’oscena pratica dei respingimenti dei barconi dei migranti. Da culla del diritto, siamo diventati la Repubblica che fa strame del diritto e che calpesta la sua tradizione, la sua cultura bimillenaria, fatta di pace e accoglienza.

Un’onta che non ci meritiamo ma che si è abbattuta su di noi a causa degli errori di una colpevole classe dirigente che ha alimentato la xenofobia.

Siamo il paese che ha messo sotto inchiesta i pescatori perché aiutavano i rifugiati, che ha fatto sequestrare i pescherecci di chi, messo di fronte alla necessità di scegliere fra giustizia e leggi ingiuste, ha scelto la propria coscienza. Gli italiani, popolo di cuore e di accoglienza, hanno dimostrato di essere avanti rispetto a una politica che, fra respingimenti e Cie, ha mostrato un volto disumano. Il volto di chi ha istituito la detenzione amministrativa e penale non per chi abbia compiuto reati, ma per coloro i quali hanno l’unico torto di essere clandestini. Come se la colpevolezza potesse prescindere dai reati per sostanziarsi in qualifiche soggettive, tornando agli anni bui del Ventennio, quando esisteva la “colpa d’autore”, e si puniva per essere qualcuno, non per aver fatto qualcosa. L’Italia deve tornare a essere la patria dell’accoglienza, stabilendo diritti e doveri chiari per tutti. Integrare significa che i migranti hanno uguali diritti, ma anche uguali doveri.

L’Europa, infine, deve compiere uno scatto di reni. Dobbiamo passare dall’Europa delle transazioni finanziarie e dei capitali, a quella dei diritti. L’Europa, come grande attore diplomatico globale, non può girarsi dall’altra parte e far finta che questi problemi non esistano. L’Europa, il continente più ricco del pianeta, si deve far carico, coraggiosamente, di risolvere queste dinamiche, senza sottrarsi alle proprie responsabilità. A onori globali corrispondono responsabilità globali.

Con umiltà, dico che è possibile seguire l’esempio di tanti sindaci che, ogni giorno, lavorano per il bene comune. Nel nostro piccolo, lo facciamo a Napoli, la città che amministro: dove abbiamo concesso la cittadinanza onoraria ai figli dei migranti. Che, così, sono parte della nostra comunità. Dove puoi accedere alle graduatorie per i bandi, ma devi anche essere in regola con le tasse e con gli adempimenti di legge.

La cittadinanza onoraria che abbiamo istituito, allora, non è solo un atto simbolico. Ma è la strada da seguire. Per cambiare verso. Veramente.

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