Grano contaminato dal mercurio lungo le sponde del fiume Pescara. Lo dice uno studio dell’Istituto superiore di sanità datato 1981, così come mercurio fu trovato nel 1972 nei pesci e nei capelli dei pescatori del porto pescarese. I dati vengono riportati ora nella relazione che lo stesso Istituto di sanità ha depositato al processo in Assise a Chieti sulla megadiscarica dei veleni di Bussi.

Lo studio prese in esame alcuni campioni di vegetali coltivati in prossimità del fiume. Su grano, vite e olivo, già all’epoca gli esperti riscontrarono valori ritenuti “medio alti” di mercurio, altamente nocivo per la salute umana. Concentrazioni medie di mercurio pari a 0.641 mg/kg in erba di frumento, 0.135 mg/kg in cariossidi di grano (frutto del frumento), 0.550 mg/kg in campioni di vite, e 5.2 mg/kg in foglie di olivo. Gli autori della relazione dell’Istituto superiore di sanità non si limitano a riportare i dati del 1981, ma commentano così: “Oggi, basandoci su una consistente base di informazione, possiamo valutare i valori medi riscontrati sui vegetali raccolti nell’intorno del sito (in particolare riferendoci alla cariosside di grano utilizzata per la trasformazione in farina) come 44-150 volte superiori alle concentrazione tipicamente riscontrate nell’alimento in Europa”.

Ancora di mercurio si parla nello studio del 1972, che prese in esame due target: i tessuti muscolari di pesci catturati alla foce del fiume Pescara e nel mare antistante la città, e capelli umani prelevati da persone che hanno fatto consumo di pesce fresco giornalmente (pescatori) e persone che ne hanno fatto consumo, in media, una volta alla settimana, oppure solo raramente. Nei pesci furono riscontrati tassi di mercurio superiori alla legge di 4.5 volte. Nei consumatori abituali di pesce, i valori trovati furono di 14 volte superiori ai livelli tipici negli adulti e 10.5 volte superiori ai livelli solitamente accertati nei bambini.

Anche nei consumatori occasionali di pesce della città di Pescara vennero riscontrati valori di mercurio sopra la media: 5 volte superiori ai livelli tipici negli adulti e 4 volte superiori nei bambini. Mentre nei consumatori occasionali di pesce di Villa Santa Lucia degli Abruzzi (un paesino montano in provincia dell’Aquila) sono stati riscontrati valori di mercurio nella media.

Gli esperti dell’Istituto superiore di sanità non hanno dubbi: “Si ravvisa un pericolo concreto per la salute umana rispetto al rischio di ingestione di mercurio, veicolato tramite suolo, sedimenti ed acque superficiali nella filiera alimentare”. E Augusto De Sanctis del Forum abruzzese Movimenti per l’acqua chiama in campo le istituzioni silenziose: “Gli amministratori stanno sottovalutando ad oggi la portata drammatica della situazione legata alla megadiscarica di Bussi. L’esposizione più grave alle sostanze pericolose è avvenuta attraverso l’acqua, ma non è stata l’unica. La contaminazione del territorio e della catena alimentare è altrettanto preoccupante. Invito gli amministratori della cosa pubblica a leggere la relazione dell’Istituto superiore di sanità sulla situazione in cui si sono trovati 700mila abruzzesi, senza informazioni né difese, non per un giorno ma per diversi decenni”.

E ora gli ambientalisti chiedono un’indagine epidemiologica non solo sui tumori ma su tutte le malattie potenzialmente riconducibili all’esposizione ad inquinanti. L’unico studio preliminare redatto in Abruzzo è del 2012 ed è stato tenuto nei cassetti della Regione per più di un anno. I ricercatori ammonivano sulla necessità di approfondire la ricerca proprio in considerazione dei dati preoccupanti che emergevano, con i residenti dei comuni della zona di Bussi-Popoli e dell’area metropolitana di Pescara che mostravano alte frequenze di tumori rispetto alla media regionale, “frequenze significative da un punto di vista statistico”.

 

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