Oscar Farinetti sbaglia a ipotizzare un progetto di trasformazione del Sud sul modello dei grandi turistifici esotici. Parte da un punto giusto, da una causa evidente, e finisce nel posto sbagliato. Soprattutto ci finisce nel modo sbagliato.

Farinetti fa questo, in sintesi: dice basta, tutto è fallito fin qui, facciamo una cosa che non sarà proprio il meglio per il Sud ma almeno porta lavoro, occupazione, riqualificazione e progettualità. E facciamolo trovando un bel titolo ad effetto, che smuova le acque, per andare nella direzione che tira di più, che porta ottimismo, soldi, clienti. La sua idea è che lo sviluppo sia sempre buono, qualunque cosa si faccia (purché onestamente), e che sia solo economico, o che almeno quello economico basti a generare il resto, se resto c’è. Dirgli “Oscar, mi pare che non sia il modello giusto” significa beccarsi una risposta cinica e tagliente: “tu sei uno che vuole tenersi i disoccupati e la mafia”. Così però non si fa un passo.

Che nel Sud serva legalità e iniziativa e che questo riguardi tutti noi, non certo solo chi ci abita e lavora, è cosa che diamo per assunta e urgente. Che fino ad oggi non si sia fatto che razziare lasciando campo aperto alle mafie, è evidente. Che la politica debba recuperare il tempo perduto e fare, maledettamente fare, partendo dalla legalità, perché non esistano zone del nostro Paese dove qualcuno può sopraffare e taglieggiare impunemente, troverà tutti d’accordo. Il problema è come.

Su questo punto possiamo anche tralasciare l’argomento del Sud Italia e passare al Paese intero. Dopo decenni di sfascio, dilaga facilmente e dovunque la tendenza a dire che “il meglio è nemico del bene”, che bisogna fare e fare, senza star troppo lì a sottilizzare. Renzi lo dice spesso, fateci caso. Anzi, sottilizzare è un modo coatto per non fare e chi fa dei distinguo in realtà è un conservatore, vuole lo status quo. Un po’ come negli anni ’70, quando se dicevi che non eri comunista diventavi automaticamente un fascista. Tertium non datur. Reputo questa cultura dell’”o con noi o contro di noi” molto pericolosa. E’ giustificata dalla storia, dunque capisco che la gente pensi così. Non i maîtres à penser, le supposte guide intellettuali del Paese, chiamate a uno sforzo maggiore, a una valutazione meno emotiva, a soluzioni meno sonore.

Io non sono di quelli che reputa assurdo che un mercante faccia il maître à penser. Per me chiunque abbia qualcosa da dire di intelligente deve poterlo fare, sapendolo fare. Noto solo con sconcerto che i maestri di oggi tendono ad essere tutti imprenditori, mercanti, economisti, e che l’insegnamento di simili guide, pure quando sono bravi e lungimiranti, non potrà che essere di un verso, in una direzione, che per quel che penso io, guarda caso, non è la direzione giusta. Dove serve equilibrio non si può usare uno strumento solo. Pensare che le soluzioni siano tutte economiche, che la sola cultura mercantile possa far rifiorire il Paese, è un po’ come mettere un peso solo sulla bilancia. Va tutto giù.

Quando si è in crisi si pensa sempre che una reazione, qualunque sia, sia meglio di niente. A cercare titoli accattivanti si aggrega consenso emotivo, si prende l’applauso della platea, ma non necessariamente si fa la cosa giusta. Nascono sempre cattive esperienze così, dalle dittature, che sorgono sulle macerie della cattiva politica, agli errori di politica economica che poi si pagano per decenni. I maestri, le guide, se vogliono esserlo davvero, non possono e non devono ragionare come la gente.

Ecco dove un mercante fa fatica a diventare una guida, visto che per il commercio conta solo il fatturato, cioè il consenso del cliente. I maestri sono tali quando indicano le direzioni giuste, non necessariamente le più convenienti, o quando mettono in guardia e ricordano cosa è già avvenuto in condizioni simili. Quando hanno il coraggio di rischiare i fischi se la gente vuole qualcosa di forte e loro offrono un ragionamento. Del resto, se stai male, il medico non ti dice “alzati, reagisci, fai un salto dalla finestra con ottimismo!” ma ti dà una cura dolorosa, lenta, adeguata. Se i maestri sanno fare questo, producendo perfino progetti giusti, fattibili e di successo, di solito diventano leader. Quando non lo sanno fare, invece, generano mostri.

Come nell’ipotesi direi inascoltabile di un Meridione gravido di cultura trasformato in baraccone da turismo. 

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