A chi gli americani e a chi i cinesi. Mentre le prime tre banche italiane iniziano a fare i conti con i nuovi azionisti d’Oltreoceano, spunta un nuovo socio straniero di peso per i gruppi energetici di Stato alle prese, oltreconfine, con le ripercussioni del caso russo-ucraino. Internamente, invece, a farla da padrone è la questione dell’imminente rinnovo dei vertici. Su cui potrebbe voler dire anche la sua la Peoples Bank of China, la Banca centrale cinese, che dal 21 marzo scorso detiene il 2,102% di Eni e il 2,071% di Enel.

Le partecipazioni valgono complessivamente quasi 2 miliardi di euro. Cifra che è stata messa sul piatto senza attendere l’ultima parola dello Stato azionista sui consigli di amministrazione, a dimostrazione del fatto che la questione non è così fondamentale da muovere le scelte degli investitori. Quanto al posizionamento, la quota in Eni, che ai corsi attuali vale poco più di 1,3 miliardi di euro, posiziona di fatto la Banca popolare cinese subito dietro il primo socio, il Tesoro: il ministero di Padoan ha infatti il 3,93% diretto del gruppo guidato da Paolo Scaroni, oltre a un 26,36% posseduto indirettamente tramite la Cassa Depositi e Prestiti.

Vale invece poco più 760 milioni di euro la partecipazione in Enel, grazie alla quale la Bank of China è al secondo posto nell’elenco degli azionisti che vede ancora una volta in testa il ministero dell’Economia con il 31,24 per cento. Valori al confronto dei quali i 160 milioni messi sul piatto dal fondo americano Blackrock nei giorni scorsi per diventare il secondo socio del Monte dei Paschi di Siena dopo aver comprato pacchetti di peso analogo in Intesa Sanpaolo e in Unicredit. Mettendo le basi per un assetto che vede la bandiera a stelle e strisce dominare sul credito italiano, mentre il grande creditore di Obama si è ben posizionato sui rifornimenti energetici.

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