Appalto Expo. Quello della cosiddetta Piastra. Dietro la sua assegnazione nel 2012 si consuma una guerra di potere. Da un lato il dg di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, dall’altro i vertici di Expo spa capitanati da Giuseppe Sala. Con l’impresa Mantovani, inizialmente avversata dai vertici Ilspa a favore di Impregilo, che vince inaspettatamente. Il dato, clamoroso, emerge dalle 600 pagine dell’informativa della Finanza messa agli atti dell’inchiesta della procura di Milano che giovedì scorso ha coinvolto otto persone. Annotazioni e migliaia di telefonate. Tante parole. La più diffusa è “inventare”. Perché di questo si è trattato per anni. Inventare consulenze e incarichi per milioni di euro. O ancora, in codice, con le prestazioni che vengono “gonfiate” “spupazzate” oppure “rinciccionite”. Da un lato Expo. Le gare, i bandi. Pioltati. Tanto che, intercettati, Rognoni e il direttore lavori (sospeso) Alberto Porro, a proposito di alcuni documenti artefatti (legati alla Piastra) commentano: “Tanto poi li trituriamo”.

E poi c’è il rischio inchieste. Tema di cui parlano nel 2012 l’ex generale Mario Mori e l’ex colonnello Giuseppe De Donno (indagato per alcuni appalti). In quell’anno, Mori riceve una richiesta d’incontro da parte di Formigoni. Incontro che resta solo sulla carta. Si sa, invece, che il Celeste vede De Donno, il quale, parlando con Mori, racconta di un Formigoni “molto preoccupato perché ci sono notizie di altre cose che stanno per arrivare”. Si parla, di indagini giudiziarie. Dice De Donno: “Io gli ho detto, lei lo sa noi non vogliamo niente e non abbiamo chiesto mai un cazzo, ma la sua posizione deve cambiare”. Tanto più, prosegue De Donno, “che ora iniziano a uscire implicazioni di contatti molto pesanti con problemi di ’ndrangheta”. Sono molti gli spunti inediti svelati dalle nuove carte dell’inchiesta. Lo stipendio di Rognoni, ad esempio. In tre anni, dal 2008 al 2011, l’ex dg incassa oltre tre milioni di euro. Tanto che intercettato commenta: “Io c’ho una marea di soldi sul conto”. E poi ci sono i rapporti con la politica. Correnti e referenti. Tanto che, ragionano i magistrati, consulenze e gare vengono affidate non certo per la “competenza” dei soggetti, ma per la loro “rete di relazioni e di rapporti affaristici intessuta con la Compagnia delle Opere e gli ambienti della presidenza della Regione Lombardia”. Intercettata, l’avvocato Carmen Leo, ricorda che il proprio referente in Regione Lombardia è l’ex assessore ai Trasporti, Raffaele Cattaneo, oggi presidente del consiglio regionale. E poi ci sono i rapporti dell’avvocato Magrì. Con Antonio Intiglietta, ad esempio, presidente milanese della Cdo. In agenda anche Nicola Maria Sanese, ex segretario regionale alla presidenza. Amici e amici degli amici. Come il legale Ripamonti che incassa consulenze per 894 mila euro e poi viene nominato legale di Rognoni. O come le figlie di Pierangelo Daccò che lavorano con Infrastrutture. Nonostante Rognoni nutra qualche dubbio. Dice: “Non sto giocando cazzo – urla il dg – perché così (riferendosi all’appalto) dimostriamo che stiamo aiutando Daccò”.

Ma certo il dato nuovo è la guerra di potere e gli atti illegali dietro al più grande appalto Expo. Un “tutti contro tutti” iniziato da Rognoni. L’obiettivo dell’ex dg è “conquistare un ruolo decisivo sugli appalti”. A partire dalla Piastra. Tanto che Pierpaolo Perez, braccio destro di Rognoni, interviene per manipolare i punteggi impedendo alla Mantovani di vincere. Impregilo è favorita. A maggio 2012, Massimo Ponzellini, numero uno di Impregilo viene arrestato per l’inchiesta Bpm. A luglio Mantovani consegna a Rognoni un pizzino. C’è scritto: “La società è a conoscenza di essere andata bene sulla parte qualitativa”. Da quel momento, Rognoni non ostacola più Mantovani (lo farà in seguito per tutelare l’immagine di Formigoni che aveva esternato dubbi sul ribasso eccessivo). I suoi commentano: “Pagano Cl”. Il dg rafforza: “Inutile rischiare il culo”.

Da Il Fatto Quotidiano del 25 marzo 2014

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