Loro litigano. L’azienda rischia di non rispettare i piani. E a pagare eventuali mancati risultati saranno consumatori e contribuenti. Il consiglio di amministrazione di Acea, controllata al 51% dal Campidoglio, prende tempo sulle richieste del sindaco di Roma Ignazio Marino e convoca per il 5 giugno l’assemblea per il bilancio. Facendo sapere che nell’ordine del giorno, che verrà ufficializzato entro il 2 aprile, si “terrà conto della richiesta pervenuta dal Sindaco di Roma Capitale”, come si legge in una nota arrivata lunedì notte dopo un cda fiume. In particolare, si prenderà in considerazione l’istanza sulla “riduzione dei componenti del cda, la nomina del consiglio, del presidente e la determinazione del compenso del consiglio”.

Risposta che non è andata giù a Marino, dal quale è partita immediatamente una diffida al collegio sindacale di Acea. Nel documento si legge che il cda della società di servizi ha “stravolto il calendario societario” che era stato ufficializzato e prevedeva l’approvazione del bilancio nel termine ordinario di legge del 30 aprile. “Rispetto ai punti all’ordine del giorno richiesti dal socio di maggioranza, la dilazione reca gravissimo danno alla società, agli azionisti e a Roma Capitale – recita la diffida – riguardando sia l’assetto della governance societaria sia gli emolumenti del consiglio di amministrazione che gli attuali componenti stanno continuando a maturare nella inammissibile dilazione che essi stessi stanno generando”.  Si chiede dunque di celebrare l’assemblea dei soci “senza ritardo in base all’art. 2367 del codice civile” – quindi non oltre il 6 maggio 2014 – e “in base all’art. 2406 del codice civile si ricorda che il collegio dei sindaci è l’organo che deve garantire la legittimità nella società e verso il mercato e deve intervenire quando il cda omette o ritarda di garantire la celebrazione dell’assemblea chiesta dal socio”.

Del resto la reazione del cda era stata una vittoria a metà per il sindaco che vuole introdurre un tetto massimo agli stipendi dei manager di 239.181 euro l’anno, pari alla retribuzione del capo dello Stato. Soluzione che naturalmente non piace agli attuali vertici Acea: la soglia dimezza infatti il compenso del presidente di Acea, Giancarlo Cremonesi (oggi a quota 400mila euro), e riduce di quasi due terzi la retribuzione dell’amministratore delegato Paolo Gallo (690mila euro), comprensivi di premi per il raggiungimento degli obiettivi pari al 50% della somma incassata. E assottiglia anche il compenso del presidente del collegio sindacale, Enrico Laghi, oggi pari a 260mila euro.

Se i tagli agli stipendi dei manager fanno molto rumore, la questione più spinosa sul tavolo resta però la riduzione dei componenti del consiglio del cda da 9 a 5 (uno per Caltagirone, 3 per il Campidoglio e 1 per Suez). La nuova eventuale struttura del consiglio proposta da Marino non solo cambia radicalmente gli assetti di potere attualmente esistenti dando maggiore forza al Comune di Roma, ma comporta anche la nomina del nuovo cda. Per questo è possibile che, alla fine, si raggiunga una soluzione di compromesso scendendo a sette consiglieri.

Infine, Marino punta a proporre un suo uomo di fiducia al posto di Gallo. Ma l’operazione rischia di costare cara alla società: secondo le stime de Il Sole24Ore, la rimozione del management attuale potrebbe pesare sui conti del gruppo per circa cinque milioni di euro fra paracaduti e buonuscite. Marino questo, del resto, lo sa bene dal momento che, nei panni di piccolo socio, aveva chiesto all’assemblea di maggio l’eliminazione di eventuali compensazioni dovuti all’uscita anticipata dell’attuale ad. Richiesta, messa a verbale, ma respinta dall’assemblea che vedeva la maggioranza schierata a favore di Gallo, uomo voluto dall’ex sindaco Gianni Alemanno e sostenuto dai due soci privati più importanti, i francesi di Gdf-Suez Francesco Gaetano Caltagirone da tempo ai ferri corti col sindaco Marino.

Il copione del cambio del management, seguito dal cambio al Campidoglio, peraltro non è nuovo:  già, nel 2008, quando fu eletto sindaco Alemanno, vennero rimossi i vertici di Acea pagando un conto salato: ben sette milioni di euro per modificare l’assetto del consiglio di amministratore e nominare ad Marco Staderini, ex manager di Lottomatica vicino all’Udc. Denari finiti nelle tasche dell’ex ad e di due suoi manager di fiducia. E sottratti naturalmente alle casse dell’azienda su cui pesa un debito da 2,46 miliardi. Ma il problema principale è che la vicenda dei contrasti con il Campidoglio non giova ai progetti industriali e all’immagine dell’azienda proprio nel momento in cui Gallo sta facendo il giro d’Europa per fornire agli investitori i dettagli di un piano industriale da 2,4 miliardi in quattro anni. Un progetto di sviluppo che però ancora non è stato presentato e condiviso con le organizzazioni sindacali.  

 

Articolo Precedente

Banche italiane, con la bad bank si salvano solo i dinosauri del credito

next
Articolo Successivo

L’austerity in casa Berlusconi funziona e riporta Mediaset in utile. No dividendo

next