Una buona immagine della vittoria di Le Pen in Francia potrebbe essere quel costone siciliano che, in una diretta televisiva, si muoveva verso il basso, spostando case che sembravano intatte, spaccando strade che apparivano nuove, rendendo impossibile avvicinarsi e salvare, benché tutto fosse lì a un passo, e il disastro era calmo e si vedeva bene. Ma troppo tardi. Voglio dire che quasi nessuno al mondo può desiderare il programma odioso e fascista di Le Pen e votarlo se non come rivolta e vendetta. Purtroppo la storia conosce questo tipo di rappresaglia. È un modo pazzesco di dire basta.

A questo punto, ci si accorge di brancolare in una paurosa mancanza di realismo da cui le spacconate di un giovane leader, in vena di stare in scena, non ci salveranno. Manca la comprensione, prima che il giudizio sui fatti. È come discutere su un motore che intanto sta fermo e le ore passano e scende la notte. Qui la notte sono elezioni alla cieca in cui molta gente non andrà a votare (il 40 per cento in Francia) e molta voterà non per salvarsi, ma per fare male, dopo le umiliazioni subìte.

Ci sono tre domande rimaste senza risposta, mentre le imprese se ne vanno (la Fiat, che almeno è fuori di Confindustria), minacciano di andarsene (Squinzi, che è presidente di Confindustria) o vengono abbandonate benché funzionanti e cariche di ordinativi (una lunga lista). Però manca il tentativo di risposta. Prima domanda: che cosa è l’Europa, un esattore, un persecutore o un salvatore? I governi tacciono, i vari enti preposti esigono. I cittadini pagano di nuovo e nessuno torna per spiegare. Vi ricordate quante volte l’ostinato Pannella e i suoi Radicali volevano riportare il discorso sul manifesto di Ventotene e su Altiero Spinelli e il perché del sogno Europa? Seconda domanda: e dopo? Che cosa accade di bello se mi sveno come mi chiedono ogni giorno? Si torna a vivere? Come, di che cosa? La Grecia sarà mai più come prima? Terza domanda: ma non dovremmo dibattere, invece dello zero virgola e del come uno furbo approfitta della differenza fra il 2, 6 e il 3 per cento, della differenza debito-Pil sull’Europa che vogliamo, guida, destinazione, programmi, doveri, protezione, futuro? Perché il governo italiano, che si è buttato avanti con tanta baldanza, non accende i fari? È molto buio fuori.

Il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2014

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