Forbes, il noto settimanale economico americano, ha pubblicato come ogni anno la lista dei paperoni d’America (The wealthiest Americans) e, con pochissime variazioni di rilievo, ritroviamo i soliti nomi: Bill Gates in testa ($ 72/mld. di patrimonio netto), seguito da Warren Buffet ($ 58,5/mld) e da Larry Ellison ($ 41/mld). Poi ci sono i fratelli Charles e David Koch con 36 miliardi a testa e i 4 eredi da Sam Walton (deceduto nel 1992), il fondatore di Wal Mart, la più grande catena di vendita al dettaglio del mondo. Segue al decimo posto Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York e proprietario dell’omonima catena di giornali, televisioni e network informativi nel campo della finanza e degli investimenti.

Quello che più interessa in questa classifica non è tanto il primato nella classifica, ma la visione di come si muovono e piazzano in questa classifica questi personaggi, cioè in quale settore operano e come ci sono arrivati.

I primi 3 più Bloomberg (decimo) ci sono arrivati partendo da zero, erano cioè della persone qualunque alla nascita e hanno saputo costruirsi una ricchezza immensa grazie alle proprie capacità. Essi sembrerebbero perciò confermare almeno in buona misura il mito del paese delle opportunità, ovvero che chi è bravo e si impegna al massimo, può arrivare ai massimi livelli anche della ricchezza (e anche della politica, come insegna Obama). Krugman, però, nel suo più recente articolo: “Wealth Over Work, vede invece il bicchiere mezzo vuoto, vede cioè che nei primi dieci ce ne sono già sei che sono partiti già ricchi, avendo eredidato tutta o parte delle loro fortuna dai loro genitori. Non è pero questo un fenomeno che si verifica solo ai “piani alti” della classifica dei nababbi. Dice Krugman (in sintesi): “Questa tendenza è rinforzata dalle politiche del partito conservatore che, assumendo un ruolo da integerrimi paladini dei ricchissimi, continuano a difenderne gli immensi privilegi con normative fiscali a tutto loro vantaggio”.

La perdurante crisi economica rende sempre più difficile al comune cittadino salire la scala sociale partendo dai gradini più bassi. Benché il libero mercato sia sempre più libero, grazie anche alla globalizzazione, in realtà nei settori chiave per la crescita sociale (scuola, sanità, professioni, ecc.) c’è un continuo aumento dei costi che è arrivato a costituire una autentica barriera all’ingresso per le categorie più disagiate dei cittadini.

E se le opportunità di salire la scala sociale si riducono il rischio è che non solo diminuiscano le possibilità di arrivare al vertice della scala, ma anche, grazie ad un sistema di finanziamento della politica basato su grandi contributori, che si ritorni di fatto ad una società guidata da oligarchi.

Guardando la classifica di Forbes si può però notare molto agevolmente una grande differenza rispetto agli oligarchi di 50 o 100 anni fa. Il primo petroliere infatti, Harold Hamm, è solo 33°. Nel settore industriale, al quarto e quinto posto ci sono i due fratelli Koch, ma essi sono anche i più generosi contribuenti del partito conservatore, che, come dice Krugman, è il più strenuo difensore dei privilegi dei ricchissimi, e quindi del sistema oligarchico.

Quello che però è forse il lato peggiore che si legge in questa classifica è che, a parte i “geniacci” del web (Gates, Zuckerberg, Ballmer, Allen, ecc.) gli unici che riescono agevolmente a salire questa scala sono i re della speculazione finanziaria: Carl Icahan è 18° con 20,3/mld., George Soros 19° con 20/mld., Ronald Perelman 27° con 14/mld. Poi ne troviamo altri 7 tra il 31° e il 44° posto (con un patrimonio tra i 13 e i 9,3 miliardi). Tutti “artisti” della “finanza creativa”, quella cioè che rastrella denaro in borsa e lo trasforma in complicate operazioni capaci di moltiplicarlo artificialmente, costruendo però di fatto solo disastrose bolle finanziarie. Infatti tra questi c’è anche il famigerato John Paulson, grande “stratega” dei subprime mortgage. Lui ha costruito praticamente tutta la sua fortuna facendo incetta di mutui che non dovevano nemmeno essere concessi tanto era certa l’impossibilità di pagarli da parte dei mutuatari. Poi li ha cartolarizzati rifilandoli (tramite banche che stranamente non hanno vigilato) a ignari risparmiatori e infine, al momento giusto, ha lanciato migliaia di operazioni al ribasso guadagnando centinaia di milioni in pochi mesi.

Se rallenterà la genia dei maghi del web, in pochi anni ci saranno quasi esclusivamente soltanto loro nella classifica dei più ricchi d’America, e sperare che gente come loro, che ha fatto i soldi in quel modo, contribuisca ad una crescita più democratica e meno oligarchica del paese è pura illusione.

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