L’acqua è un diritto universale ma non se ne può fermare la privatizzazione. Questa, in parole povere, la risposta della Commissione europea alla prima legge d’iniziativa popolare europea “Ice” (European citizens’ initiative) in grado di raggiungere e superare abbondantemente lo scoglio del milione di firme. L’iniziativa chiedeva all’Unione una normativa per sancire il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. Insomma, un implicito stop alle privatizzazioni di tali servizi. Neutra, anzi “politica”, la risposta della Commissione che ha sottolineato l’importanza dell’acqua, annunciato consultazioni pubbliche e altri passi in tal senso sottolineando però come le privatizzazioni restino di competenza nazionale.

“Poiché le decisioni sulle modalità di gestione dei servizi idrici sono esclusivo appannaggio delle autorità pubbliche degli Stati membri, la Commissione continuerà a rispettare le norme del trattato, che impongono all’Ue di rimanere neutrale rispetto alle disposizioni nazionali che disciplinano le imprese nel settore idrico”. Questo vuol dire che se un gestore ha intenzione di privatizzare potrà farlo senza alcuna obiezione da parte dell’Europa. Eppure, nelle intenzioni dei sostenitori dell’iniziativa Right2Water, “sancire il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari” vuol dire proprio “mantenerla pubblica” ovvero non commercializzabile.

“La reazione della Commissione europea è priva di qualsiasi reale ambizione di rispondere in modo adeguato alle aspettative di 1,9 milioni di persone“, afferma Jan Willem Goudriaan, vice-presidente di Right2Water. “Mi rammarico che non ci sia alcuna proposta per una legislazione che riconosca il diritto umano all’acqua”. E se da una parte gli organizzatori tirano un sospiro di sollievo per il fatto che i servizi idrici e igienico-sanitari siano stati esclusi dalla Direttiva concessioni, dall’altra c’è davvero poco da festeggiare visto che la Commissione non si impegna a escludere esplicitamente tali servizi dai negoziati commerciali come il Partenariato transatlantico per commercio e investimenti (Ttip).

“La Commissione europea conferma l’orientamento neoliberista poco attento ai desideri dei cittadini e ai principi della democrazia”, rincara la dose Corrado Oddi esponente della funzione pubblica Cgil e del Forum italiano dei movimenti per l’acqua. Proprio in Italia sono state raccolte circa 70mila firme su 1,68 milioni totali (quelle riconosciute valide delle quasi 2 milioni consegnate). “La nostra mobilitazione continua a livello italiano – continua Oddi – L’acqua pubblica sarà oggetto di discussione della prossima campagna elettorale europea”.

Tuttavia, ammettono gli stessi responsabili di Right2Water, la risposta della Commissione non è del tutto negativa. Sono stati accolti positivamente due fattori: innanzitutto il riconoscimento che la fornitura dei servizi idrici sia generalmente di competenza degli enti locali, i più vicini ai cittadini; in secondo luogo l’impegno a promuovere l’accesso universale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari attraverso politiche di sviluppo e partenariati pubblico-privato.

Il portavoce del commissario Ue per le relazioni interistituzionali e l’amministrazione, lo slovacco Maroš Šefčovič, chiarisce che “non si tratta di mancanza di volontà ma di rispetto dei principi sanciti dai trattati europei in merito alla proprietà”. La Commissione ha invece intenzione di proseguire con una consultazione pubblica a livello europeo, migliorare l’informazione dei cittadini, considerare l’ipotesi di un’analisi comparativa della qualità delle acque e difendere l’accesso universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari.

“Ci aspettiamo che la revisione della Direttiva quadro sulle acque (Dqa) e la Direttiva sull’acqua potabile saranno l’occasione per realizzare il diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari nell’Unione”, rispondono gli organizzatori, che sperano come “il Comitato dei cittadini europei sia considerato come una delle principali parti interessate”.

Tremano intanto anche gli organizzatori delle altre iniziative popolari europee, come la “Stop vivisection” che chiede l’abrogazione della direttiva 2010/63/UE e la presentazione di una nuova proposta di direttiva che sia finalizzata al definitivo superamento della sperimentazione animale. Grande attesa anche per la posizione della Commissione sull’Ice chiamata Uno di noi che si chiude il prossimo 28 maggio e che chiede all’Ue di “introdurre un divieto e porre fine al finanziamento di attività presupponenti la distruzione di embrioni umani in particolare in tema di ricerca, aiuto allo sviluppo e sanità pubblica”.

Twitter @AlessioPisano

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