A poche settimane dall’apertura delle urne prevista per il 7 aprile, la campagna elettorale indiana sta entrando nel vivo, con la formazione di alleanze – o promesse di – e la nomina dei candidati per un voto storico: gli aventi diritto saranno 810 milioni, nell’esercizio democratico più imponente della Storia.

Ma al fianco dei classici comizi di piazza, i tre candidati principali alla carica di primo ministro hanno piegato la competizione pre elettorale alle esigenze della modernità, facendo un uso estensivo – ed inedito, in India – dei social network, con l’obiettivo di promuovere la propria immagine in quell’India della classe media affamata di progresso.

La peculiarità delle prime “elezioni social” del subcontinente non è sfuggita agli osservatori internazionali e locali, che da settimane analizzano l’impatto che la campagna elettorale 2.0 potrà avere in un paese da 1,27 miliardi di abitanti di cui “solo” 213 milioni collegati a internet.

Narendra Modi (nella foto), candidato del Bharatiya Janata Party (Bjp) dato per favorito dai sondaggi – difficilmente attendibli vista la volatilità delle intenzioni di voto nazionali – si è distinto per un uso dei social media magistrale, una strategia che il suo team ha messo in atto e perfezionato da anni. NaMo è iscritto a Twitter dal 2009 – uno dei primi politici in assoluto in India – e ad oggi conta 3,6 milioni di follower e 11,6 milioni di fan su Facebook, costantemente aggiornati circa le iniziative del proprio leader di riferimento: se prima della campagna elettorale Modi soleva augurare il buon giorno ai propri fan twittando una massima del monaco hindu riformista Vivekananda, oggi le citazioni salienti dei suoi comizi fanno il giro della Rete, ritwittate e condivise da schiere di “Internet Hindus” onnipresenti nelle discussioni online in inglese e hindi.

Grazie alla tecnologia e all‘inventiva, Modi ha messo a punto una campagna innovativa per raggiungere anche i potenziali elettori non digitalizzati – la stragrande maggioranza nel paese – inaugurando una serie di comizi telematici diffusi in centinaia di “tea stall” (i banchetti del chai – tè speziato – l’equivalente dei nostri bar) sparsi in tutta la nazione. Con la campagna “Chai pe charcha” (chiacchiere da té, in hindi) a scadenza settimanale Modi discute e riceve domande da ogni angolo del paese sui temi più disparati, in un comizio virtuale trasmesso su schermi appositamente installati fuori dai banchetti e collegati a un’enorme intranet.

L’uso della Rete è stato fin dagli albori uno dei tratti distintivi del nuovo partito della società civile Aam Aadmi Party (Aap), che con Arvind Kejriwal per la prima volta si candida a livello nazionale. Dalle mobilitazioni dal basso architettate via Facebook (1,7 milioni di fan più svariate migliaia nelle pagine dei circoli locali) e Whatsapp da giovani volontari del movimento, grazie ai social network Aap è riuscito a intercettare anche il favore dei Non Resident Indian (Nri), gli indiani della diaspora, che hanno diritto di voto e, soprattutto, foraggiano il nuovo partito politico con laute donazioni da oltremare. Come nota Shaili Chopra del The Hindu, anche la retorica politica di Aap è declinata alle esigenze della Rete: “Gli hashtag sono programmati e i comizi sono pensati e scritti per essere ‘Twitter friendly’”, plasmando una campagna elettorale indirizzata in particolare ai giovani universitari, nel tentativo di attirare una grande fetta dei 149 milioni che quest’anno, per la prima volta nella loro vita, avranno raggiunto o oltrepassato la maggiore età e il diritto di voto.

Dalle parti dell’Indian National Congress (Inc), che ha affidato la campagna elettorale al rampollo della dinastia Nehru-Gandhi – Rahul – riservandosi il diritto di nominare eventualmente il proprio primo ministro ad urne chiuse, la transizione dalla politica tradizionale ai metodi 2.0 è decisamente più farraginosa. Probabilmente a causa delle misere doti di comunicatore di cui il figlio di Sonia Gandhi è dotato, il salto nella giungla telematica della campagna elettorale per Inc è stato misurato: ad oggi si conta una sola iniziativa degna di nota, una teleconferenza via Google Hangout tenuta da Rahul Gandhi in collegamento coi circoli dei “giovani dell’Inc”. Un esordio cauto che è la cartina al tornasole della strategia attendista dell’Inc, in cerca della seconda rielezione consecutiva a New Delhi.

Se l’attivismo online sarà un fattore determinante in un paese sostanzialmente diviso dalla modernità di alcune decine di megalopoli circondate dall’India rurale (oltre il 70 per cento del territorio nazionale), lo scopriremo il 16 maggio, al termine del conteggio elettronico dei milioni di voti che decreteranno il prossimo primo ministro del secondo paese più popolato a mondo.

di Matteo Mivaldi

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