“Ve lo chiedo in ginocchio: mafiosi convertitevi! C’è ancora tempo per non finire nell’inferno che vi aspetta se continuerete sulla strada del male”. È la preghiera che Papa Francesco ha rivolto, nella Chiesa di San Gregorio VII a Roma, al termine della veglia di preghiera promossa dall’associazione Libera nella ricorrenza della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che si terrà domani, 22 marzo, a Latina. Bergoglio ha voluto abbracciare oltre 700 persone. “Il senso di responsabilità – ha affermato il Papa nella sua meditazione finale – vinca sulla corruzione in ogni parte del mondo, risani i comportanti così che la giustizia guadagni spazi e prenda il posto dell’iniquità”. [brightcove]3373369454001[/brightcove]

“Grazie – ha detto il Papa ai familiari delle vittime – per la vostra testimonianza perché non vi siete chiusi, ma vi siete aperti per raccontare la vostra storia di dolore e di speranza e questo è tanto importante soprattutto per i giovani”. Bergoglio ha rivoluto ricordare anche il recente delitto di Taranto che “non ha avuto pietà nemmeno di un bambino. Chiediamo la forza di andare avanti, di non scoraggiarci, di continuare a lottare contro la corruzione”. La veglia di preghiera è stata aperta dal saluto di don Luigi Ciotti che ha ricordato che “in passato, e purtroppo ancora oggi, non sempre la Chiesa ha mostrato attenzione a un problema di così enormi risvolti umani e sociali. Silenzi, resistenze, sottovalutazioni, eccessi di prudenza, parole di circostanza. Ma per fortuna – ha sottolineato il presidente di Libera – anche tanta luce, tanta positività. Dal grido profetico di Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi alle parole di Benedetto XVI rivolte ai giovani a Palermo: ‘Non cedete alle suggestioni della mafia, strada di morte’. Ma non basta”.

Don Ciotti ha lodato quella “Chiesa che interferisce, denunciando senza remore l’incompatibilità tra mafie e Vangelo. E che non dimentica che la denuncia seria, attenta, documentata è annuncio di salvezza. Anche a costo della vita”. “Abbiamo bisogno di giustizia e verità – ha scandito il fondatore di Libera – ricordando che occorre che la politica sia veramente un servizio per il bene comune. Occorre rafforzare la confisca e l’uso sociale dei beni delle mafie e sono necessarie norme più efficaci contro la corruzione e il voto di scambio, e non si possono lasciare da soli i magistrati più esposti, tra i quali cito un nome per tutti, Nino Di Matteo” (minacciato di morte dal boss Totò Riina per il suo impegno nel processo a carico dell’ex prefetto Mario Mori che cerca di far luce sulla presunta trattativa Stato e mafia). 

La veglia, che si è celebrata due giorni dopo il ventesimo anniversario della morte di don Giuseppe Diana ucciso a Casal del Principe dalla camorra, è stata scandita dalla lettura del lungo elenco con i nomi delle 842 vittime innocenti delle mafie. “Un elenco che graffia dentro le nostre coscienze – ha sottolineato don Ciotti – nel quale ci sono anche i nomi di 80 bambini. Persone libere e leali – ha detto il presidente di Libera – che non si sono lasciate piegare dalle difficoltà e che sono ancora vivi. Chi perde la vita per la giustizia e la verità, infatti, dona vita, è lui stesso vita. Vogliamo ricordare insieme – ha aggiunto don Ciotti – anche le vittime del lavoro, perché un lavoro non tutelato, svolto senza le necessarie garanzie di sicurezza, è una violazione della dignità umana. E così pure le vittime degli affari sporchi delle mafie. Le persone colpite da tumori in territori avvelenati dai rifiuti tossici. Quelle che hanno perso la vita per l’uso delle droghe spacciate dai mercanti di morte. Le migliaia d’immigrati annegati nei mari o caduti nei deserti. Le donne e le ragazze vittime della tratta e della prostituzione”.

Ma il presidente di Libera ha sottolineato che “vittime sono anche i morti vivi. Quante persone uccise dentro! Quante persone – ha concluso don Ciotti – a cui le mafie hanno tolto la dignità e la libertà, persone ricattate, impaurite, svuotate. Le mafie, la corruzione, l’illegalità assassinano la speranza!”. Tra i familiari che hanno partecipato alla veglia con il Papa c’erano anche Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato dalla mafia nella strage di Capaci nel 1992 e presidente della “Fondazione Giovanni e Francesca Falcone”, il presidente del Senato Pietro Grasso, per sette anni procuratore nazionale antimafia, il presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi e il sindaco di Roma Ignazio Marino.

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