Una campagna diffamatoria e di istigazione alla violenza in piena regola attraverso l’affissione di centinaia di manifestini che ritraggono il volto, il nome ed il cognome della responsabile italiana di Uber, il popolare servizio di prenotazioni online di autovetture con conducente.

Uber-Milano-volantino“Cara responsabile di Uber” – inutile ripeterne qui nome e cognome ed amplificare così il messaggio di violenza –, dicono i manifestini, “go home”, ovvero tornatene a casa, casa che, per inciso, nel caso in questione, è proprio il nostro Paese. E poi una manciata di caratteri in sovraimpressione sulle lenti degli occhiali che compaiono nella foto della donna, più esplicativa di mille parole: “I love rubare”.

Un modo spiccio e incisivo per sintetizzare la posizione dei tassisti che, sin dallo sbarco dell’app sui telefonini dei milanesi, accusano Uber, appunto, di “rubare” loro soldi e lavori attraverso una concorrenza sleale.

E’ questo l’epilogo – per ora – della protesta dei tassisti milanesi davanti alla diffusione del servizio di prenotazioni online che sta facendo il giro del mondo ma che in Italia sembra incontrare difficoltà e resistenze superiori a quelle pure incontrate all’estero.

Un fatto grave, una risposta violenta, una forma di protesta inaccettabile che, sin qui, sembra consumarsi nell’inerzia dell’amministrazione comunale che sembra non riuscire a prendere una posizione ferma, decisa ed equilibrata, capace di contemperare i diversi interessi in campo.

A prescindere da ciò che si pensi di Uber – l’app che consente di prenotare una corsa su un autovettura con conducente attraverso il proprio smartphone – è fuor di dubbio che quanto sta accadendo a Milano rappresenta una sconfitta per tutti.

Ha perso, sin qui, l’amministrazione comunale incapace di confrontarsi con una delle tante questioni che progresso e tecnologia inesorabilmente pongono, hanno perso i tassisti milanesi che, in molti casi – e certamente in occasione di quest’ultimo episodio – hanno passato il segno del lecito ed hanno perso, soprattutto, i cittadini del capoluogo lombardo che si ritrovano nell’occhio del ciclone di un’autentica guerra santa per il controllo del mercato del trasporto pubblico urbano, un mercato nel quale, a ben vedere, ci sarebbe, probabilmente posto per tutti.

Tutto questo, peraltro, proprio mentre si avvicina l’Expo e Milano si avvia a diventare la vetrina del mondo, una vetrina nella quale non ci si può permettere il lusso che finisca in bella mostra l’incapacità del nostro Paese di assimilare e governare i piccoli e meno piccoli effetti che la diffusione delle nuove tecnologie, inesorabilmente, ha sulle relazioni sociali così come su quelle di mercato.

Sembra davvero arrivato il momento che il Comune di Milano, richiami tutti all’ordine ed al rispetto delle regole, prima tra tutte quella della civile convivenza che, certamente, resta violata e tradita quando una categoria arriva a tappezzare la città di manifestini con i quali dà del ladro ad un concorrente e, anzi, a chi erroneamente si individua come un concorrente anziché come un potenziale alleato.

Ben venga il dialogo, il confronto e naturalmente la concorrenza anche tra vecchi e nuovi modelli di business ed organizzazione del trasporto pubblico urbano ma nulla e nessuno giustifica il ricorso alla violenza.

E intanto, oggi, a Milano va in scena uno sciopero dei tassisti anti Uber al quale quest’ultimo ha già annunciato di voler rispondere garantendo tariffe scontate a tutti i clienti che utilizzeranno l’app.

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