Il suo ritorno in televisione aveva provocato qualche polemica, soprattutto sui social, ma a quanto pare la rentrée di Piero Marrazzo, conduttore su RaiDue di Razza umana, non è andata come si sperava. Secondo Il Messaggero, infatti, il programma di documentari e talk show dell’ex governatore del Lazio è destinato a chiudere i battenti quanto prima. La seconda rete Rai non lo avrebbe confermato in palinsesto, attendendo la fine naturale di questa prima stagione per poi dare il benservito all’ex conduttore di Mi manda RaiTre. Il motivo sarebbe esclusivamente legato agli ascolti ottenuti, che dopo il cambio di collocazione dal mercoledì al lunedì si sono assestati attorno a un deludente 3%.

Polemiche a parte, prevedibili viste le vicende che hanno coinvolto Marrazzo negli ultimi anni, Razza umana resta un prodotto televisivo di qualità decisamente superiore rispetto alla media di RaiDue, una rete in profonda crisi di identità che deve essere radicalmente ripensata e che ormai è stata superata e surclassata da RaiTre. Il direttore di rete Angelo Teodoli, però, pare deciso a considerare solo i freddi dati dell’Auditel e a non riconfermare l’appuntamento settimanale con Marrazzo e il suo sguardo sulla varia umanità dei nostri tempi. Resta da capire, adesso, quale sarà il futuro del giornalista. Tornerà con un nuovo progetto televisivo o verrà di nuovo accantonato?

Intanto, nei corridoi di viale Mazzini serpeggia una certa preoccupazione. “Colpa” (o merito, dipende dai punti di vista) delle indiscrezioni uscite sui giornali sulla riorganizzazione della Rai e su alcuni tagli radicali imposti dalla spending review. Secondo quanto riportato da Repubblica e Messaggero, a farne le spese sarebbero innanzitutto le sedi regionali, che vedrebbero tagliata una parte dei loro 13mila dipendenti e 30mila consulenti, un po’ troppo, in effetti, per una azienda che ogni anno fa segnare centinaia di milioni di deficit. Ma a tremare sono anche i papaveri del settimo piano di viale Mazzini, che potrebbero veder tagliati i loro esorbitanti compensi da centinaia di migliaia di euro l’anno. Le direzioni, invece, passerebbero da 44 a 29, lasciando a spasso 15 dirigenti da ricollocare o da mandare a casa, mettendo in crisi il fragile equilibrio della lottizzazione della tv di Stato. Ma la notizia che rischia di provocare più malumori è quella che riguarda il divieto alla Rai di commissionare a società esterne di agenti dello spettacolo (i vari Presta, Caschetto & Co., per capirci), “programmi riguardanti gli artisti da loro rappresentati”. Se passasse, si tratterebbe di una norma rivoluzionaria che romperebbe gli equilibri interni all’azienda, provocando più di qualche malumore tra dirigenti, agenti e artisti, che hanno ormai consolidato un sistema di outsourcing che fa contenti pochi eletti e mortifica la professionalità delle risorse interne, spesso inutilizzate. Grandi manovre, dunque, a viale Mazzini, tra bocciature forse immeritate come quella di Marrazzo e rivoluzioni copernicane che stentiamo a credere possano davvero realizzarsi.

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