E se lo strato più esterno della Terra poggiasse su uno sconfinato mare, più grande di tutti quelli presenti in superficie? È una teoria che sembra trovare conferma in una ricerca pubblicata su Nature dall’Università di Alberta, in Canada. La prova, trovata quasi per caso, sarebbe una piccola porzione di ringwoodite, gemma ricca di acqua, trovata per la prima volta sulla Terra nel 2008 su una roccia proveniente dal mantello terrestre, la porzione del nostro pianeta che si trova tra la crosta e il nucleo, e che ne rappresenta la frazione maggiore.

La piccola pietra, composta di acqua per l’1,5% del suo peso, è stata isolata dalla superficie di un diamante marrone proveniente da Mato Grosso, in Brasile, trovato tra i ciottoli del letto di un fiume e portato sulla superficie terrestre dall’eruzione di un vulcano (nello specifico incastrato in una roccia di kimberlite, pietra vulcanica di solito ricca di diamanti e che proviene, per l’appunto, dalle profondità della Terra).

Il ritrovamento di questa gemma, che spesso si trova sui meteoriti, confermerebbe una teoria formulata dai geologi che si occupano di studiare l’interno del nostro pianeta. Secondo questa ipotesi, tra la parte più superficiale e quella più profonda del mantello terrestre, tra i 410 e i 660 km di profondità, esiste una zona ad altissima pressione – detta di transizione – in cui, almeno in alcune parti, si troverebbero intrappolati vasti volumi di acqua. “Potrebbe trattarsi di più acqua di quella che contengono tutti gli oceani superficiali messi insieme”, ha spiegato Graham Pearson, ricercatore a capo del team internazionale che ha scovato e analizzato il diamante che presentava la minuscola impurezza, invisibile a occhio nudo, composta di ringwoodite. Per essere sicuri si trattasse proprio di questa gemma, gli scienziati ne hanno esaminato la composizione chimica e la struttura sia ai raggi X che nell’infrarosso.

Questa scoperta potrebbe avere importanti implicazioni nello studio dell’attività vulcanica terrestre e della tettonica delle placche, il modello che spiega quali fenomeni si verificano nel tempo sulla crosta terrestre e che è alla base della teoria della deriva dei continenti. “Il funzionamento interno di un pianeta cambia se c’è acqua nelle sue profondità”, ha concluso Pearson. “Dentro, le rocce si sciolgono o si raffreddano o scivolano l’una sull’altra in modo diverso”.

di Laura Berardi

Dal Fatto Quotidiano del 17 marzo 2014 

L’articolo su Nature

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