In Italia non si spengono le polemiche sullo stop alle quote rose nella nuova legge elettorale, in Olanda si esulta perché a partire dalle amministrative della prossima settimana, anche l’ultimo partito sessista (ed omofobo e razzista) sarà costretto a consentire liste con presenza femminile. Già, fino al 2012 in un paese percepito tra i più paritari al mondo, un partito politico nazionale praticava discriminazione di genere addirittura da Statuto. Lo Staatkundig Gereformeerde Partij è una micro formazione cristiano-confessionale, un “fossile” culturale dell’epoca delle guerre di religione in Europa che ancora combatte la sua battaglia antipapista, è fedele alla comunità e alla Bibbia, educa gli adepti al timore di dio e alla guerra santa contro la depravazione umana (se nominate Amsterdam in presenza di un loro seguace, rischiate, dialetticamente parlando, di finire arsi sul rogo). Succede che l’Sgp sieda non solo tra i banchi delle chiese protestanti delle campagne olandesi, dove è radicato, ma anche tra quelli, più terreni e materiali, della camera bassa e di quella Alta dell’Aja e che lo abbia fatto, almeno fino alla legislatura in corso, rispettando rigorosamente le “quote bibliche”: ossia divieto tassativo alle donne di candidarsi nelle proprie liste. Motivo? La Bibbia prevede “altri ruoli per la donna” e “la politica è un’attività incompatibile con la missione della donna”. Gli ultracristiani ne erano talmente convinti da averlo messo persino in calce nello Statuto agli art.7 e 10.

Tutto è andato abbastanza liscio fino a poco tempo fa nella “Bijble Belt”, la religiosissima provincia olandese antenata di fede della celebre “Cintura della Bibbia” americana, non perché sia territorio europeo al quale non si applica la Convenzione per l’Eliminazione delle Discriminazioni contro la Donna ma semplicemente per una (frequente) riluttanza delle autorità olandesi ad intervenire su questioni di principio quali i conflitti tra diritto di espressione e libertà religiosa

E cosi è stato fino al 2005, anno in cui un tribunale di infedeli ha accolto il ricorso di un gruppo femminista, stabilendo che il gentil sesso non poteva più essere escluso dalla vita dell’Sgp, indipendentemente da quanto divina fosse la fonte di tale divieto.

Tuttavia quel pronunciamento riguardò il semplice attivismo e non le candidature: passi supporter ma candidate è parso davvero un po’ troppo. Da allora è iniziata una saga, durata ben sette anni, che ha visto avvicendarsi nell’ordine tre sentenze della Corte Suprema olandese ed un pronunciamento della Corte Europea per i Diritti Umani (chiamata ad occuparsi di uno dei più casi più singolari della sua storia recente, ha dovuto infatti giudicare un ricorso dello stesso Sgp che considerava discriminante contro il credo religioso, l’obbligo di accettare candidate donne, cosi come era stato formulato dall’Alta Corte del Regno) che hanno sancito in via definitiva come la separazione tra Stato e Chiesa valga anche nel sud-est dei Paesi Bassi. Ed ecco ora approssimarsi le prime elezioni dopo la pronuncia; si tratta di un test chiave, il rinnovo delle amministrazioni locali, per un partito molto radicato localmente come l’Sgp che ora dovrà fare i conti con le prime candidate donne della sua, quasi, secolare storia.  E visto il tam-tam mediatico sulla vicenda, c’è addirittura il rischio che vengano elette.

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