“Moschea sì prego”. Con questo nome il Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza) lancia la campagna per chiedere al Comune di Milano di aprire una moschea in vista di Expo 2015. In un video di un minuto il Coordinamento dà voce ai giovani milanesi musulmani, italiani e stranieri. Perché una moschea a Milano? “Perché è un diritto”, “perché i musulmani hanno bisogno di una casa”, “perché voglio vivere la mia fede a 360 gradi”.

Il Caim ha già depositato un progetto per costruire un luogo di culto a Lampugnano, dove oggi c’è il Palasharp. Dieci milioni di euro il valore del progetto, di cui 600 mila vanno investiti per smantellare la struttura che c’è oggi. “Da parte nostra, abbiamo già dimostrato che tutti i finanziamenti arrivano dall’interno della nostra comunità”, precisa Yassine Baradai, membro del Caim e coordinatore del progetto “Moschea si prego”.

Ma questo non rassicura l’amministrazione milanese: a poche ore dal lancio della campagna, è già polemica. “Il Comune ha avviato un percorso che vuole e deve coinvolgere tutte le associazioni islamiche presenti sul territorio – scrive in una nota il vicesindaco di Milano Ada Lucia De Cesaris -. Un percorso che ha al centro l’individuazione di uno o più luoghi di preghiera che rispondano alle esigenze della comunità islamica e siano in grado di dare la giusta accoglienza a tutti coloro che visiteranno Milano in occasione di Expo. Un percorso che deve tener conto di tutte le istanze, che non sono solo quelle espresse dal Caim”. Che è considerato vicino ai Fratelli musulmani egiziani e per questo nonostante la costruzione della moschea fosse nel programma di Pisapia, la giunta continua a rimandarne l’approvazione.

La resistenza alla concessione di una moschea ha radici profonde: “Da una parte c’è stato un atteggiamento islamofobico di certa destra e dall’altra un fraintendimento del ruolo dei Fratelli musulmani – commenta Massimo Campanini, orientalista dell’università di Trento -. Se si guarda la storia recente sono stati repressi e non hanno quel ruolo pervertente enfatizzato da una visione dell’Islam politico”. Non sono della stessa opinione altri esponenti dell’Islam milanese. Il 17 febbraio il sito Lettera22 ha pubblicato una lettera destinata al sindaco Giuliano Pisapia a firma di “ragazze musulmane che hanno a cuore il futuro della città”. Si dicono perplesse per il progetto della moschea a Milano perché “è stato presentato dal Caim”, organizzazione che ha fatto “emergere in noi qualche perplessità sulle conseguenze per la comunità islamica milanese”.

Nel consiglio comunale si respira la stessa tensione. Roberto Biscardini, consigliere socialista critica il Comune: “Devo sottolineare il ritardo dell’amministrazione comunale nel dare una risposta certa e concreta nei confronti di un diritto e di una speranza che è sul tavolo da molti anni”. Di segno opposto la reazione di Riccardo De Corato, consigliere di Fratelli d’Italia: “Oggi il Caim è tornato all’attacco per la costruzione di una grande moschea a Milano entro Expo 2015. Noi ribadiamo che siamo assolutamente contrari a un progetto di questo tipo, a meno che non siano i cittadini di Milano ad accettarlo attraverso un referendum. E che non accettiamo alcun ultimatum”.

Di certo il tempo per realizzare la moschea stringe: con Expo sempre più vicino l’amministrazione deve risolvere il problema di dare un luogo di culto ai 6 milioni di musulmani che si stima visiteranno Milano durante la manifestazione. E perdere l’occasione di Expo, conclude Massimo Campanini, “potrebbe significare perdere anche gli investimenti di Paesi arabi e l’indotto che potrebbe creare la moschea”. 

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