La notizia arriva ieri via Twitter: Mondadori ha comprato, per una cifra ancora non nota, Anobii (letteralmente: il “tarlo della carta”):  il social network nato nel 2006 a Hong Kong – 300.000 iscritti in Italia – che consente scambi e vendita di libri, ma soprattutto condivisione di recensioni, commenti, votazioni, suggerimenti. L’idea, sulla falsariga di Amazon che un anno fa acquistò Goodreads (ma anche di altri social legati ai libri come Wuz.it di Ibs.it e Zazie.it di Book Repubblic), è quella di focalizzarsi sulla community di lettori, scoprendo dall’interno preferenze e tendenze; ma anche coinvolgendo questi ultimi in iniziative editoriali che assottigliano la distanza tra chi produce contenuti e chi li legge.

Quali sono gli obiettivi di un’acquisizione che, spiegano da Mondadori, non intende stravolgere natura e utenti del social (“Se ci dirigessimo verso l’e-commerce e l’advertising ci faremmo parecchio male”, ha spiegato Edoardo Brugnatelli a Linkiesta”)? Di sicuro, conoscere meglio i lettori, ascoltando le loro voci che, se pur non rappresentative dell’intero universo dei lettori, di sicuro dicono molto sul’identikit di chi ruota intorno all’universo di libri. In secondo luogo, avvicinare – vale per tutte le piattaforme commerciali legate a social – due aspetti ancora distinti, ma sempre più vicini: la discussione sui contenuti e l’acquisto dei contenuti, reso quasi immediato dagli e-reader, per chi ormai legge su schermo (una percentuale piccola, poco più 2%, ma costantemente crescente nel tempo), o da spedizioni sempre più rapide. Un passaggio che però, specie nel caso di Anobii, va gestito con cautela, per evitare l’impressione di sfruttamento di social, sempre più a rischi di cannibalizzazione commerciale. Anche se potrebbe comunque rappresentare un sostegno a vendite sempre più in calo, visto che, comunque, i libri non sono un prodotto qualunque e il potenziale di crescita degli e-book in Italia non è stato ancora neppure sfiorato.

In un Paese in cui le librerie chiudono (anche perché le grandi catene monomarchio, come Feltrinelli e Mondadori, hanno rinunciato al lavoro fondamentale di selezione che un tempo facevano i librai), in cui le case editrici, piccole ma anche grandi, perdono fatturato (e posti di lavoro), operazioni che smuovano le acque sono comunque benvenute. Purché vadano di pari passo con idee e nuove visioni culturali, non solo improntate, come parte della produzione di Segrate, alla logica dell’autore-volto tv o delle mode editoriali. Che mentre da un lato non interessano quei lettori forti che, anche se impoveriti, rappresentano ancora lo zoccolo duro dell’acquisto, dall’altro non riescono – questa resta ancora la vera sfida – ad allargare la platea di chi acquista stabilmente. A parte il regalo una tantum preso dalla pila di libri dell’ultimo autore di grido piazzata davanti all’entrata dei mega store.

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