I conti misti dello Ior ritardano la riforma della banca vaticana del “G8” di Papa Francesco. Gli “otto saggi porporati“, che ormai da undici mesi consigliano Bergoglio nel governo della Chiesa universale ed elaborano la riforma della Curia romana, erano pronti a varare la riforma dello Ior nella loro terza riunione, che si è tenuta dal 17 al 19 febbraio scorso alla vigila del concistoro per la creazione dei nuovi cardinali. Ma il problema tuttora irrisolto dei conti misti ha fatto saltare il piano del “G8” papale. Si tratta di conti Ior con banche italiane sfuggiti alle indagini da parte della Banca d’Italia e della magistratura per i venticinque anni successivi alla bancarotta del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, fino all’entrata in vigore della Convenzione monetaria tra la Santa Sede e l’Unione Europea che, come ha sottolineato il Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa, attribuisce più larga discrezione agli organi di vigilanza.

Un problema, quello dei conti misti dello Ior, portato alla luce dal lavoro d’inchiesta della giornalista del Corriere della Sera, Maria Antonietta Calabrò, nel suo libro “Le mani della mafia“, edito da Chiarelettere e appena uscito in libreria. Dei conti interni in lire tra Ambrosiano e Ior, come emerge chiaramente dalle pagine del volume, non si è mai occupato il processo milanese per l’insolvenza del Banco ambrosiano in quanto i pagamenti ai debitori italiani da parte dello Ior avevano avuto luogo al momento della liquidazione del vecchio istituto per permettere la riapertura degli sportelli sotto le insegne del Nuovo banco ambrosiano. Cosicché il sistema dei conti misti dello Ior ha continuato a sussistere fino a oggi divenendo un problema da risolvere prima del varo della riforma della banca vaticana voluta da Papa Francesco.

Bergoglio che, come da lui stesso dichiarato ai giornalisti, aveva pensato di posticipare al secondo anno di pontificato le riforme economiche della Santa Sede, è stato invece sollecitato a metterle subito in cantiere a causa degli scandali finanziari che hanno visto come protagonista l’ex capocontabile dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, monsignor Nunzio Scarano. Nell’incontro di febbraio del “G8” di Francesco sono stati ascoltati quasi tutti i membri della Pontificia Commissione referente sullo Ior istituita dal Papa tre mesi dopo la sua elezione: il cardinale salesiano Raffaele Farina, che la presiede, il porporato francese Jean-Louis Tauran, che diede l’annuncio dell’habemus Papam il 13 marzo di un anno fa, il vescovo spagnolo dell’Opus Dei Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi, e monsignor Peter B. Wells, numero due del “ministero dell’interno vaticano”. Unica assente la professoressa Mary Ann Glendon, ex ambasciatore Usa presso la Santa Sede con George Bush alla Casa Bianca e presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali.

Ma poi al momento del varo delle riforme economiche lo Ior non è stato toccato. Il neonato dicastero economico della Curia romana voluto da Bergoglio e affidato alla guida del cardinale australiano George Pell non si occuperà, infatti, dell’Istituto per le opere di religione che, come spiegato chiaramente dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi, “non è toccato da questo provvedimento del Papa”. Ma il ritardo, dovuto alla soluzione del problema dei conti misti dello Ior, non ha impedito a Francesco di dare un segnale chiaro sulla politica all’insegna “della trasparenza e dell’onestà”, sono parole del Papa, che dovrà avere la banca vaticana in futuro e soprattutto sulle persone che dovranno vigilare perché ciò avvenga e non ci siano più “lavatrici di denaro sporco” dentro il Torrione di Niccolò V. Francesco, infatti, sconfessando il suo predecessore che, dopo l’annuncio choc delle dimissioni aveva rinnovato per un quinquennio la Commissione cardinalizia di vigilanza sulla banca vaticana riaffidando il timone al cardinale Tarcisio Bertone, l’ha rinnovata completamente escludendo il porporato salesiano e non indicando il nome del nuovo presidente. Incarico a cui è stato eletto, tra i nuovi cinque membri, il cardinale spagnolo Santos Abril y Castelló, arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, e dal 2000 al 2003 nunzio apostolico nell’Argentina di Bergoglio dove nacque l’amicizia con il futuro Papa Francesco.

Twitter: @FrancescoGrana

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