Voti acquistati a pacchetti. Voti comprati a 20-30 euro a cranio. Voti cercati, scrive il Gip di Napoli Tommaso Miranda, “nei quartieri più degradati della città, connotati da elevata povertà ove la ricerca del consenso dietro corresponsione di denaro è, evidentemente, più agevole”. Il fruscio del denaro contante registrato dalle microspie dei carabinieri, che lo annotano in informativa. La politica è morta nelle 35 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari che inchioda il consigliere comunale di Napoli Gennaro Castiello, eletto nel 2011 nelle fila del Pdl, e tre suoi collaboratori alle accuse di voto di scambio avanzate dal pm Giancarlo Novelli, tra cui Domenico De Santis e Mario Maggio.

Castiello si era candidato alle politiche del 24 e 25 febbraio 2013 come numero due nella circoscrizione Camera di Napoli del Mir, la lista di Samorì alleata con Berlusconi. Castiello è incastrato da decine di intercettazioni telefoniche e ambientali disposte nei giorni immediatamente precedenti e successivi alle consultazioni. Parla lui, parlano i suoi galoppini. Parlano molto. Con disinvoltura. Il 20 febbraio 2013, quattro giorni prima delle elezioni, la cimice piazzata in una Chevrolet Kalos registra questo sfogo di uno di loro: “Perché siamo noi che siamo andati a rompere il cazzo alla gente, non è stata la gente che è venuta vicina a noi e ci ha chiesto qualche cosa”. Noi siamo andati a dire: “Guagliò, venti, trenta euro per voto… erano cinquanta euro per voto… trenta euro glieli davano a loro e venti a noi; e siamo andati noi vicino le persone”.

E ancora, sempre nella stessa auto, uno degli indagati dice: “Ma adesso che ce ne stavamo andando Gennaro Castiello ha dato un mazzo di soldi a quello che abbiamo salutato, a quella persona che stavamo salutando nelle scale… a quello scuro che Mario l’aveva chiamato al telefono. Gli ha dato una mazzetta di soldi…”.

Un altro indagato parla tre giorni dopo il voto: “A P. l’ha pagato?”. Risposta: “P. è stato pagato prima, durante e dopo: per quello che ha portato… In tutto ha portato sessanta voti”. P. ha chiamato Castiello il 14 febbraio: “… Ma non lo tieni un pesce per andare a prenderci una cosa di soldi da qualcuno…”.

Si sa che i patti in politica possono sfumare. O non essere rispettati del tutto. Intercettazione telefonica del 22 febbraio 13, alle ore 23.38. Il chiamante è arrabbiato: “Franchetiello stammi a sentire… lo sai cosa ha fatto questo figlio di mazzo scassato… questo si è chiavato i soldi di Samorì in tasca e a noi ci ha fatto…”. “Non ha avuto niente, io ho parlato con Amedeo quello è l’uomo di Samorì”. “Ma tu pensa una cosa… lui mi ha fatto fare ristoranti, mi ha fatto fare pizzeria… fuori i bar soldi con la pala… mi ha fatto dare 50 euro a 10 rappresentanti di lista neanche le deleghe tengo… al primo che vado a mettere il pesce in bocca è A. B. Io stasera lo devo vedere perché io non prendo sonno ma neanche lui deve dormire”.

Al telefono sono continui i riferimenti a “regali” e “cose per te”. E ad urne chiuse è un continuo rincorrersi a chiudere i conti e intascare il pattuito. Intercettazione ambientale del 28 febbraio, due indagati parlano tra loro in macchina.

Domenico De Santis (D. D.): “Ma non gli ha dato niente Samorì”?

Mario Maggio (M. M.): “Che è”?

D. D: “Non gli andato niente Samorì”?

M. M: “Non lo so, non ma quello a parecchi di loro ha già pagato Mimì”

D. D: (incomprensibile)

M. M: “A parecchi di loro li ha pagati e già questo è un buon segno”.

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