C’è stato un altro falso allarme bomba in tribunale a Bologna. E per la seconda volta si è verificata una strana coincidenza: l’evento ha coinciso infatti con la presenza nelle aule giudiziarie di pentiti di mafia. Potrebbe essere dunque questa una delle piste seguite dagli inquirenti per risalire all’autore (o agli autori) delle telefonate anonime che ormai si stanno ripetendo con cadenza quasi mensile. L’ultimo è arrivato puntuale lunedì mattina, 10 marzo. “Stiamo verificando eventuali ricorrenze processuali”, si è limitato a dire a riguardo il procuratore aggiunto e portavoce della procura, Valter Giovannini.

Gli investigatori in queste ore stanno infatti analizzando gli elenchi delle decine di processi che si svolgono ogni giorno a Bologna. Vogliono capire se alcune udienze erano programmate in occasione degli allarmi-bomba che si ripetono da sei mesi. Con quello del 10 marzo infatti le false segnalazioni di ordigni nei palazzi di giustizia cittadini salgono a quattro in un semestre: 6 febbraio, 9 gennaio e 16 ottobre 2013. Di certo il 6 febbraio 2014 – in occasione dell’ultimo allarme bomba che aveva costretto gli artificieri a fare evacuare le sedi del tribunale, della procura della Repubblica e della corte d’appello – era presente nelle aule giudiziarie di Bologna un collaboratore di giustizia con un imponente servizio di scorta al seguito composto da agenti armati fino ai denti.

Idem lunedì mattina 10 marzo, un mese dopo: quando è arrivato l’ordine di sgomberare il palazzo infatti, in una delle aule del grande edificio di via Farini era presente un pentito, anche se non è chiaro se si tratti della stessa persona di un mese prima. L’uomo sembra dovesse testimoniare da Bologna in video-conferenza per un processo di mafia in corso nel sud Italia. Tuttavia lunedì mattina a Bologna c’era anche dell’altro. Davanti al giudice monocratico si è svolta una udienza del processo che vede alla sbarra un boss dei Casalesi trapiantato a Modena. L’imputato, arrestato nel 2010, ha recentemente iniziato a collaborare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, i quali, anche grazie alle sue testimonianze, hanno già fatto condannare diverse persone in tutta l’Emilia Romagna. Anche per questo processo erano state allestite notevoli misure di sicurezza e in aula erano presenti diversi agenti di scorta. Tuttavia il legale del camorrista ha spiegato che il 6 febbraio e il 9 gennaio (le date delle altre evacuazioni) il suo assistito non era a Bologna e dunque sarebbe difficile collegare la presenza del suo assistito agli allarmi-bomba.

Anche questa volta il falso allarme ha riguardato, oltre ai palazzi della giustizia, anche altri edifici della città. Lunedì mattina la prima telefonata, probabilmente partita da un telefono pubblico, è arrivata alla polizia verso le 8 del mattino: l’annuncio è stato quello di un ordigno in Comune. Per precauzione i controlli da parte degli artificieri sono stati eseguiti sia nelle sede storica di Palazzo d’Accursio, sia nei nuovi uffici di piazza Liber Paradisus. Una seconda chiamata ha raggiunto i carabinieri avvisando che il palazzo di giustizia di Bologna sarebbe esploso. Centinaia di persone sono così uscite e rimaste fuori per almeno tre ore. Alcuni giovani magistrati in tirocinio non sono riusciti a completare la procedura di giuramento che era in corso. Per precauzione sono stati evacuati anche gli edifici della procura e corte d’appello e solo dopo mezzogiorno la situazione è tornata alla normalità.

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