Ricordo un grande italiano, un vero maestro. Paolo Sylos Labini, a proposito del suo ex allievo Michele Salvati (l’economista cultore del cerchiobottismo, attualmente impegnato nell’impresa di rendere insignificante la prestigiosa rivista “il Mulino”, di cui è direttore) lo definiva “come una moffetta, animaletto grazioso ma inutile”.

Definizione che potrebbe calzare a pennello anche per Pippo Civati.

Ci si stupisce se una persona assennata come Stefano Rodotà pensa di rilanciare la vecchia idea (per cui venne coperto da contumelie grillesche) di allargare i perimetri dell’indignazione dando vita a un vero soggetto di sinistra e smetterla con le scemenze da bar sport sull’azzeramento delle categorie politiche (destra/sinistra), creando un polo attorno al “dissidente soft del Pd” – il Pippo – e che intercetti i transfughi del M5S; nella presunzione che questi (per lo più rispettabili) signori rappresentino qualcosa di per sé.

Idea peregrina vista l’assoluta mancanza di speroni nel presunto aggregatore; soprattutto data la connotazione base di qualsivoglia fuoriuscito da movimenti carismatici: l’essere destinato all’inevitabile scomparsa, una volta allontanatosi dal tocco che l’aveva inaspettatamente santificato.

Dunque un’ipotesi mediocre, basata su disegni scollegati dal necessario rapporto con la realtà. Ma una caratteristica che accomuna un po’ tutte le proposte in campo. Purtroppo (per chi scrive) anche la novità assoluta rappresentata dalla lista Tsipras, la cui gestione italiana rischia di vanificare alcune apprezzabili discontinuità che stava introducendo nel quadro stantio della nostra politica. E nonostante il coinvolgimento di personalità quali Moni Ovaia e Curzio Maltese. Probabilmente qualche coordinatore/coordinatrice alle prime armi è stato/a colto/a da un attacco di quella pericolosa malattia chiamata “candidite”, qualche vecchio reduce dal ’68 non ha essudato ancora il vizio delle furbate assembleari. Fatto sta, si rischia di creare una super operazione Ingoia, imbarcando tutti i reduci di naufragi biografici a Sinistra. E spaccarsi sulla candidatura di Luca Casarini rivela confusione mentale sul “a chi” rivolgersi elettoralmente: non tute bianche antagoniste, centri sociali o altri incazzati; semmai il popolo di sinistra disilluso, ormai spinto nel non-voto dalla renzizzazione del PD (SWG calcola attualmente quest’area al 50% dell’elettorato complessivo).

In materia di renzismo, c’è ancora qualcuno che dubiti della mediocrità di questa proposta? Mentre il premier va in giro per le scuole a fare corsi accelerati di piaggeria e ruffianesimo all’infanzia più indifesa, la fida e soave viperetta Maria Elena Boschi si lancia in remake berlusconisti in materia di garantismo peloso, a favore dei sottosegretari in odore di illeciti vari. Considerando che il suo capo faceva l’intransigente con le ministre Cancellieri e Di Girolamo, la strumentalità e l’ipocrisia – allora come ora – risultano lampanti: alla faccia del rinnovamento ad opera di gente capace solo di prendere per i fondelli, come dimostrano le maggioranze a geometria variabile e la legge elettorale a Camere alterne. Intanto l’intero esperimento di governo ai primi passi si circonda di un alone berlusconiano vintage. Difatti, mentre la Boschi pigola come una Prestigiacomo qualunque, altri del cerchio magico fiorentino riciclano l’appello di Iva Zanicchi pro-Berlusconi a vantaggio di Renzi: “lasciatelo provare”. Quasi si fosse al tiro-a-segno di un luna park.

Eppure – in questa fiera della mediocrità – forse la palma odierna se l’è guadagnata Torquemada junior – il grillino credere-obbedire-combattere Alessandro di Battista – lanciato, nella comparsata da Michele Santoro, in una giustificazione del delirio da espulsioni di Grillo argomentando che “siamo in guerra”. Metafora pericolosa e inopportuna, visto che in guerra si ammazzano persino i propri soldati e si sospende la legalità civile imponendo il codice militare. Qui siamo soltanto al degrado putrescente della politica. E le decimazioni sono prova di un fanatismo a livello parossistico. In chi le comanda e in chi le giustifica. D’altro canto i tempi sono questi, tra menzogna e mitomania. Anche a livello minimo: in un commento al mio precedente post, qualcuno – protetto dallo pseudonimo – mi accusa di colpe folli: essere membro di un’Autorità Portuale, essere a libro paga del Pd.

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