Riparare i tessuti del cuore dopo un infarto o altre malattie sarà possibile grazie ad una proteina che regola il processo di divisione cellulare che, in condizioni normali, smette subito dopo la nascita. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications, si deve ad un gruppo internazionale di ricercatori coordinato da Daniel Judge della John Hopkins University.

A differenza di molti altri tipi di cellule, che muoiono regolarmente e si rigenerano, le cellule cardiache, come quelle cerebrali, non continuano a dividersi dopo la nascita. Per questo nel momento in cui queste cellule sono danneggiate da un infarto o da un’infezione il danno diventa irreparabileI ricercatori hanno individuato la proteina che impedisce alle cellule di moltiplicarsi studiando due fratelli, ognuno dei quali aveva subito, pochi mesi dopo la nascita, un intervento chirurgico per un’insufficienza cardiaca. Esaminando i loro cuori, i medici hanno scoperto che le cellule continuavano stranamente a dividersi. Questo accadeva a causa di un’anomalia del gene Alms1, che causa la carenza della proteina chiamata Alström. Questa proteina, in condizioni normali, entra in funzione al momento della nascita per bloccare il processo di divisione delle cellule cardiache.

I medici hanno potuto trovare conferma delle loro ricerche entrando in contatto con un centro ospedaliero di Toronto nel quale erano stati ricoverati altri cinque bambini, tra cui due gruppi di fratelli, che presentavano la stessa anomalia nel gene Alms1Secondo i ricercatori continuare a studiare il gene Alms1 potrà aiutare a rigenerare il tessuto del muscolo cardiaco, facendo però attenzione a non far proliferare la proteina Alström in maniera incontrollata perché ciò porterebbe a complicanze gravi e anche mortali.

Questo studio secondo, Judge, offre la speranza che si possa un giorno trovare un modo per ripristinare la capacità delle cellule del cuore di dividersi in risposta al danno presente. “Si potranno così aiutare i pazienti a recuperare dai vari tipi di disfunzioni cardiache. Altri lavori – conclude Judge – hanno generato entusiasmo riguardo alla possibilità di trattamento con le cellule staminali, ma la nostra ricerca offre una direzione completamente diversa per riparare un cuore danneggiato”.

L’articolo su Nature Communications

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