Sull’ampliamento della discarica Formica di Brindisi, quella targata Cerroni e perno di numerosi collegamenti con la “cugina” di Pianura e le aziende legate alla camorra, è guerra legale. “Nelle prossime ore, presenteremo ricorso al Tar di Lecce per chiedere l’immediata sospensiva dell’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione Puglia. Se non dovesse andare a buon fine, sto valutando la possibilità di emettere un’ordinanza sindacale per bloccare i lavori nel sito. Farò appello ai miei poteri di massima autorità sanitaria locale. E’ un atto rischioso, ma sono pronto a firmarlo, perché non sono stati affatto valutati i possibili danni per la salute derivanti dal raddoppio della discarica”. Il sindaco di Brindisi, Mimmo Consales, sfodera la spada. Lo fa dopo la notizia diffusa ieri da ilfattoquotidiano.it relativa al rinnovo dell’Aia per l’impianto della Formica Ambiente srl, società che rientra nella galassia del re di Malagrotta e alle prese con un processo penale per smaltimento illecito di rifiuti.

Di fatto, per i prossimi cinque anni è il lasciapassare che consentirà l’attivazione di altri due lotti, oltre a quello già riempito, e un aumento di volumetrie fino a complessivi 1,5 milioni di metri cubi, destinati a rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi trattati. Eppure, lo stesso Comune di Brindisi è stato tra gli enti che hanno rilasciato parere favorevole con prescrizioni, il 10 settembre scorso, assieme ad Asl e Arpa. Un sì “legato agli aspetti di carattere ambientale, mentre successivamente – rimarca Consales – ho fatto rilevare alla Regione Puglia che non vi era traccia di una valutazione scientifica del rischio sanitario, atteso che la stessa discarica è situata in un’area dove insistono altri impianti di smaltimento di rifiuti. Devo constatare che il provvedimento autorizzativo è stato rilasciato ignorando tale richiesta”.

Giustificazioni inconsistenti, contraddittorie, fuorvianti ed elusive”, secondo le opposizioni di centrodestra a Palazzo di Città. Ciò che è certo, comunque, è che per Bari è bastato che il Comune non revocasse il suo primo parere per superare anche l’ultimo ostacolo, dopo quello frapposto dalla sola Provincia. Il sindaco non ci sta a fare da capro espiatorio: “L’atteggiamento poco chiaro è quello della Regione. La sua stessa normativa stabilisce che per un territorio come Brindisi, ad ‘elevato rischio di crisi ambientale’, non possa essere rilasciata l’Aia senza la preventiva analisi dei rischi per la salute. Sarà questo il motivo alla base del ricorso che stiamo stilando”. Il riferimento è alla legge regionale n. 21 del 24 luglio 2012, nata per tutelare anche la vicina Taranto, ma di fatto in parte inapplicata. Per la Regione, d’altronde, la procedura autorizzativa non andrebbe congelata. Anzi. Ci si porta avanti e si liquida il problema in poche righe: “Ad oggi – è scritto nel provvedimento – non è stato ancora redatto e pubblicato il rapporto Vds (valutazione del danno sanitario) sul Bollettino ufficiale per la zona di Brindisi e pertanto, quando tale rapporto sarà pubblicato e qualora lo stesso dovesse evidenziare situazioni di criticità correlabili con la gestione dell’impianto di cui trattasi, si procederà al riesame dell’Aia”. Della serie, aspettate e sperate.

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