Persino in un Paese come l’Italia che non se la passa davvero bene in termini di diffusione della banda larga è diffuso il convincimento che – chi più chi meno, chi da casa, chi dall’ufficio e chi da tablet e smartphone – la più parte dei cittadini possa accedere a Internet ed utilizzarlo liberamente.

E’ una convinzione figlia del dilagante analfabetismo digitale e di una serie di azioni di marketing che mirano a convincere cittadini e consumatori che tutta una serie di servizi e dispositivi consentano di accedere a Internet e di usarlo senza limiti.

Ma è davvero così? Una volta entrati sulle autostrade dell’informazione siamo davvero così liberi di percorrerle in ogni direzione ed alla stessa velocità quale che sia il servizio che intendiamo utilizzare e, quindi, l’uso che vogliamo fare delle risorse di connettività?

A leggere i risultati di un’indagine conoscitiva – non la prima e neppure l’ultima – commissionata dalla Commissione Europea, pubblicati nei giorni scorsi, sembra proprio di no. Il 24% dei cittadini europei che usano Internet riferisce di subire restrizioni – ovvero blocchi o rallentamenti – da parte del proprio fornitore di connettività quando guarda un film, ascolta la musica o utilizza altri generi di servizi. Il 41% dei cittadini europei riscontra fenomeni di questo genere guardando un film attraverso una connessione mobile e il 37% attraverso una connessione fissa.

E’ più contenuta – ma egualmente significativa – la percentuale di utenti che soffre rallentamenti nella connessione ascoltando musica: accade al 23% degli utenti europei di Internet. Una percentuale che è eguale a quella dei cittadini europei che incontrano restrizioni quando provano a caricare, via tablet o smartphones, contenuti sui propri profili facebook, sui blog o nei forum di discussione.

Ma a prescindere dai blocchi e dalle restrizioni che gli utenti europei sembrano subire nell’utilizzo delle loro risorse di connettività, l’altro dato preoccupante che emerge dall’indagine è la scarsa trasparenza circa le condizioni di navigazione garantire dai provider agli utenti. Il 60% dei cittadini europei che usano Internet riferisce di non conoscere la velocità di “navigazione” che gli è garantita per contratto mentre il 26% di quanti conoscono tale dato, dicono che la velocità effettiva loro assicurata non corrisponde a quella contrattualmente indicata.

Certo si tratta di dati basati su quanto percepito e riferito dagli utenti e, quindi, è, probabilmente, legittimo ritenere che il naturale atteggiamento di diffidenza verso i fornitori di qualsiasi genere di servizio ed un pizzico di “ignoranza digitale” abbiano giocato un ruolo importante nell’offrire uno spaccato peggiore della realtà. Nessun dubbio però sul fatto che – magari limando talune percentuali – la sostanza sia corretta.

Sono dati che fanno riflettere e raccontano di una realtà nella quale, forse, talvolta, siamo troppo sbrigativi nel dire di disporre di Internet e sono dati che, probabilmente, dovrebbero iniziare  a fare della questione della “netneutralityun tema politico di massa e l’oggetto di “rivendicazioni” dal basso anziché una questione da addetti ai lavori.

Esigere la neutralità della Rete, significa esigere che ogni pacchetto di informazioni attraverso il quale viaggia ogni nostra richiesta di accesso ad un servizio ed ogni nostro contenuto, sia trattato in modo non discriminatorio dai provider e, dunque, significa garantirsi il diritto assoluto di scegliere quale servizio utilizzare ed a quale contenuto accedere. Dovrebbe trattarsi di un diritto fondamentale e non negoziabile di cittadinanza digitale.

“Quando compri un abbonamento a Internet, dovresti avere accesso a tutti i contenuti e disporre della velocità di navigazione per la quale paghi” ha detto, nel commentare lo Studio, Neelie Kroes, Vice Presidente della Commissione Europea. “Il mio obiettivo – ha aggiunto – è proteggere gli utenti, garantendo loro una Internet aperta e riconoscendogli il diritto alla trasparenza  in relazione alle loro connessioni a Internet”.

Parole sacrosante. Guai, però, a dimenticare che non c’è ancora in Europa una definizione univoca e monolitica del concetto di neutralità della Rete e che la stessa Commissione Europea, talvolta, mostra di ritenerla compatibile con il riconoscimento ai provider di ampie facoltà di esercizio del cosiddetto traffic management.

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