Rimarrà a Palermo per due giorni la Commissione parlamentare Antimafia, che sta cercando di fare luce sull’utilizzo dei beni confiscati ai boss. Ad accendere i riflettori sul problema era stato il prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia per i beni confiscati, che aveva puntato il dito sulla mala gestione operata dagli amministratori giudiziari nelle aziende confiscate ai padrini. “Nel momento in cui il direttore dell’Agenzia accusa il sistema nel suo complesso, noi ci siamo sentiti in dovere di conoscere la motivazione delle sue affermazioni” ha spiegato Rosy Bindi, presidente della Commissione. “Non so cosa intendesse dire il prefetto Caruso – ha continuato l’esponente del Pd – ma che esista un professionismo dell’antimafia buono e un professionismo dell’antimafia meno buono questo lo sappiamo da tempo. Noi una delle cose che dobbiamo fare come Commissione è capire dove si annidano le contraddizioni, magari c’è anche un’antimafia di copertura, chi lo sa?”. Davanti la prefettura di Palermo, che ospita i lavori siciliani della Commissione, protestavano i dipendenti del gruppo 6 Gdo, l’azienda confiscata a Giuseppe Grigoli, considerato il cassiere di Matteo Messina Denaro. “Noi – ha spiegato Pasquale Messina, uno dei dipendenti – ci troviamo in Italia dove l’80% delle aziende sono piccole e medie imprese, legate alla figura dell’imprenditore. L’azienda vive del rapporto con l’imprenditore e questo non può essere sostituito da nient’altro. La nostra azienda prima del sequestro produceva utili ogni anno, ora è un disastro”. I lavoratori sono da mesi sul piede di guerra, perché rischiano il licenziamento   di Giuseppe Pipitone e Silvia Bellotti

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