“Mi spiace constatare che si cerchi in tutti i modi, per ragioni che fatico a comprendere, di creare un caso politico su quello che, nei fatti, è unicamente un problema aziendale che coinvolge azionisti e istituti finanziatori“. Parola di Rodolfo De Benedetti che ha così replicato per iscritto a un articolo del Corriere della Sera di domenica 2 marzo, in cui il quotidiano di proprietà di parte delle banche creditrici di Sorgenia aveva fatto il punto sulle entrature politiche di stampo renziano che potrebbero salvare il disastrato polo energetico dell’editore del suo diretto concorrente, Repubblica.

In particolare, secondo il presidente della holding della famiglia torinese, Cir, il giornale di Ferruccio de Bortoli che tra i suoi azionisti forti conta Intesa Sanpaolo e Mediobanca, mentre Unicredit è creditore di peso tanto del Corsera quanto di De Benedetti, “mette insieme in modo improprio la situazione di Sorgenia e la necessità di ristrutturarne il debito, il capacity payment per i produttori di energia elettrica (la remunerazione delle centrali termiche in perdita per il fatto di fornire capacità di riserva in caso di picchi di domanda, ndr), le presunte pressioni nei confronti dell’ex ministro Barca e addirittura le nomine ai vertici delle aziende pubbliche“. De Benedetti, quindi, vuole innanzitutto ribadire che il padre Carlo “non ha alcun ruolo in Sorgenia: come ampiamente noto, lui ha lasciato ogni incarico esecutivo in Cir nel gennaio del 2009 e un anno fa ha trasferito la quota di controllo del gruppo industriale ai miei due fratelli e a me”. E, pertanto, secondo lui “non è in alcun modo coinvolto nella situazione di Sorgenia né nelle trattative di recente intraprese”.

Venendo al tema dei frutti dell’attività di lobby in sede parlamentare, l’erede dell’ingegnere sostiene che “entrando poi nel merito dei contenuti dell’articolo, si attribuisce al cosiddetto capacity payment il carattere di una misura «pro Sorgenia». Ciò è strumentale in quanto: 1) il capacity payment è un meccanismo di remunerazione di un servizio necessario alla sicurezza del sistema elettrico. Si tratta, infatti, di una misura legata al mercato, adottata o in corso di adozione anche in altri paesi d’Europa e in Nord America, che remunera impianti flessibili e in grado di garantire la sicurezza della rete compensando gli sbalzi di domanda e in particolare l’intermittenza delle fonti rinnovabili, non programmabili e cresciute negli ultimi anni in misura molto superiore alle previsioni; 2) il provvedimento, che è già in vigore dal 2003 e tornerà stabilmente dal 2017 (la discussione di oggi è sul periodo transitorio 2014-2016), riguarda determinati impianti di generazione e non le aziende. L’articolo cita esplicitamente la sola Sorgenia, ma le aziende con centrali coinvolte nel capacity payment sono numerose e di dimensioni anche maggiori. La Legge di Stabilità, peraltro, prevede che tale misura non pesi in alcun modo sulle bollette“. 

Nella lettera De Benedetti osserva infine che “è fuorviante accostare alle attuali difficoltà di Sorgenia il cosiddetto caso Barca e alcune posizioni espresse dal quotidiano la Repubblica. La prima questione non esiste, in quanto mio padre ha dichiarato pubblicamente – senza essere stato in alcun modo smentito – di non avere contatti con l’ex ministro da diverso tempo. La seconda questione, che lega alcuni articoli di Repubblica al caso Sorgenia, è priva di fondamento: Cir non ha mai condizionato le autonome opinioni de la Repubblica“. E, infine, garantisce che sia “infondata” anche l’ipotesi di una integrazione di Sorgenia in Eni.

L’inedito scambio, che testimonia fino a che punto sia arrivata la tensione per il caso Sorgenia, sia dal lato De Benedetti che di quello dei suoi creditori, è andato in scena in una giornata clou per la vicenda. Nella mattinata di lunedì 3 marzo si sono infatti riunite a Milano le 21 banche creditrici, esposte per 1,86 miliardi di euro complessivi, con i vertici della società. Al tavolo anche il socio di controllo Cir insieme, tra gli altri, ai numeri uno di Monte dei Paschi di Siena, Unicredit, Banca Imi, Banco Popolare, Ubi Banca e Bpm. Il nodo da scogliere è l’entità del contributo dei De Benedetti per evitare il fallimento. Che secondo le banche dovrà essere superiore ai 100 milioni proposti. Tanto più che “non facciamo regali a nessuno, nemmeno alla famiglia De Benedetti”, come ha dichiarato recentemente l’amministratore delegato del Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti, il cui istituto, del resto, sta ancora pagando i prestiti allegri agli ex furbetti del quartierino come Luigi Zunino e Danilo Coppola

In particolare, le banche sono disposte a stralciare circa 450 milioni di euro (300 milioni di conversione in equity e 150 milioni di prestito convertendo) se Cir fosse disposta a mettere sul piatto almeno 150 milioni. Soglia che nelle ultime ore sembra più vicina. E che rappresenta un terzo di quanto metterebbero le banche così destinate a salire al 67% circa di Sorgenia che ormai ha un’autonomia finanziaria di 2 settimane. Ma tutto può ancora succedere mentre le trattative vanno avanti ad oltranza.

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