I numeri sono quelli di un conflitto armato. “Almeno 10 mila probabili morti l’anno nel solo Regno Unito”. Sono le conclusioni di una meta-analisi condotta su migliaia di pazienti da un team di ricercatori britannici guidati da Darrel Francis, dell’Imperial College di Londra, e pubblicata a luglio sulla rivista specializzata “Heart” . Cifre che, guardando all’intero Continente europeo, lieviterebbero. Fino a raggiungere le 800 mila morti negli ultimi cinque anni, in base a una più ampia indagine condotta dallo stesso gruppo di ricerca, pubblicata nelle scorse settimane sullo European Heart Journal. “La sicurezza dei pazienti è di primaria importanza – sostiene Francis nella sua analisi -. La medicina clinica dovrebbe imparare dai propri fallimenti”.  

Ma su cosa si basa questo studio britannico e quali sono i fallimenti cui fa riferimento? Tutto ruota intorno alle linee guida della Società europea di cardiologia pubblicate nel 2009, raccomandano per i pazienti cardiopatici che devono sottoporsi a un intervento chirurgico non legato al cuore l’impiego di farmaci beta bloccanti, per proteggere il cuore stesso sia durante che dopo l’operazione. Queste linee guida sono, però, basate su ricerche rivelatesi nel tempo in contrasto con gli standard scientifici correnti, tanto da provocare nel novembre del 2011 il licenziamento dell’autore, Don Poldermans, da parte dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam presso il quale lavorava come esperto in chirurgia cardiovascolare, a seguito di una “Inchiesta per possibile violazione dell’integrità scientifica”. 

A nulla sono valse, infatti, le ammissioni di colpa e le scuse dello studioso, che ha tuttavia negato l’intenzionalità del suo operato. Numerosi gli appunti mossi contro di lui, tra gli altri “cattiva condotta scientifica, omissione di consenso informato scritto, fabbricazione di dati e manipolazione dei risultati della ricerca”. Non sarebbe, invece, emersa “alcuna prova di manipolazioni indirizzate deliberatamente in una specifica direzione”, secondo l’indagine interna dell’istituto. I fatti sono ancora più gravi se si considera che il medico olandese caduto in disgrazia, oltre a essere stato il principale responsabile del progetto di ricerca, ha anche guidato, in palese conflitto d’interessi, la commissione che ha stilato le linee guida europee. 

“La meta-analisi di Francis è solo l’ultimo di una serie di studi che mettono in dubbio l’uso dei beta-bloccanti per la prevenzione degli eventi cardiovascolari nella chirurgia non cardiaca – sostiene Rosa Sicari, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, tra i membri della task force che ha stilato le linee guida europee -. Le varie generazioni di studi nel tempo sono state, infatti, messe in discussione per il sospetto di frode scientifica. Tuttavia – precisa la studiosa – nonostante ci siano state indagini sulla condotta di Don Poldermans, autore principale di queste ricerche, gli studi non sono stati cancellati e/o ritirati dagli editori delle prestigiose riviste che li avevano pubblicati”. 

Ma quanto sono efficaci questi medicinali e quali sono i rischi connessi al loro impiego? “I beta-bloccanti sono farmaci largamente usati nei pazienti con cardiopatia ischemica e nella disfunzione ventricolare sinistra non ischemica – spiega Sicari -. Il loro utilizzo aumenta il rischio di morte per ipotensione e ictus. Tuttavia, gli studi clinici randomizzati sono ancora pochi e probabilmente insufficienti a chiudere questa controversia scientifica che dura da moltissimi anni”. 

Secondo quanto emerge dalla meta-analisi, l’aumento del rischio di decessi nel solo Regno Unito sarebbe del 27 per cento. Francis e colleghi denunciano che le linee guida europee sono ancora basate su analisi che comprendono i dati degli studi di Poldermans, ormai screditati. E denunciano come l’aver inserito questi dati manipolati nelle meta-analisi fatte in precedenza abbia determinato una sottostima del rischio di mortalità associato all’uso dei beta-bloccanti. Secondo gli autori, però, “non è facile accertare in modo affidabile la reale estensione del possibile danno” di questa sottovalutazione dei rischi per la salute. Ma, in basse alle loro stime, “più della metà dei decessi si sarebbe verificata quando la ricerca di Poldermans era già stata screditata. Le linee guida – concludono Francis e colleghi – dovrebbero, pertanto, essere ritirate senza ulteriori ritardi”. 

L’invito degli studiosi inglesi sembra essere stato recepito. “Si stanno preparando le nuove linee guida – comunica Sicari -, nelle quali l’indicazione dei beta-bloccanti dovrebbe rimanere limitata a chi già li utilizza cronicamente”. Secondo un comunicato congiunto emesso, all’indomani della pubblicazione dello studio britannico, dall’American Heart Association, l’American College of Cardiology Foundation e l’European Society of Cardiology, “è in corso un’attenta indagine di tutti gli studi già validati, con l’incorporazione di nuovi trial e meta-analisi. Nel contempo, la nostra posizione comune è che l’utilizzo dei beta-bloccanti in pazienti che si sottoporranno a interventi non cardiaci non dovrebbe essere considerato di routine, ma valutato attentamente dai medici caso per caso”. Le nuove linee guida, depurate da dati erronei e manipolati, secondo le indicazioni delle tre società scientifiche internazionali, dovrebbero vedere la luce quest’estate. 

La meta-analisi pubblicata sulla rivista Heart

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