Immaginate che un gruppo di scienziati abbia inventato una macchina del tempo che li può portare nel futuro e poi di nuovo indietro, al momento in cui erano partiti. Così, la usano per visitare il futuro di un secolo in avanti. Trovano un mondo colpito da una catastrofe: desolato, povero e sporco. Allora, tornano indietro nel loro tempo e cercano di avvertire tutti quanti del pericolo. Ma nessuno gli crede; anzi li prendono in giro e li insultano. Così, gli scienziati invecchiano mentre vedono piano piano accadere quello che avevano già visto con la loro macchina del tempo. Dopo molti anni, qualcuno comincia a rendersi conto che c’è davvero il rischio di un disastro imminente. Gli scienziati avevano ragione, bisogna fare qualcosa. Ma cosa? E ci si accorge che ormai è troppo tardi.

Potrebbe essere la trama di un film di fantascienza ma, in realtà, è la trama di una storia vera descritta nel film intitolato L’Ultima Chiamata (The Last Call) di Enrico Cerasuolo, dedicato allo studio del 1972 noto in Italia come I Limiti dello Sviluppo. Su quello studio ho scritto un intero libro (I Limiti dello Sviluppo Rivisitati) ma è una cosa piuttosto tecnica mentre il film lo direi quasi felliniano per come va a cercare il lato umano della storia ritrovando i ricordi e le speranze degli autori.

Così, il film ci racconta per prima di Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma, quello che aveva originato tutta la storia nella sua ricerca di un mondo migliore. La scintilla era scoccata quando Peccei aveva incontrato Jay Wright Forrester, professore al Masachussetts Institute of technology, il prestigioso MIT, che gli aveva suggerito di utilizzare un suo metodo di calcolo appena sviluppato per studiare l’andamento dell’economia mondiale. Da lì, era nato il lavoro di un gruppo di giovanissimi ricercatori, tutti sotto i 30 anni, che avevano realizzato lo studio del “sistema terra” fino alla fine del secolo XIX. Era la prima edizione dei Limiti dello Sviluppo: una vera macchina del tempo che funzionava all’interno di un computer. I risultati dello studio erano chiari: se non si faceva qualcosa per ridurre il consumo di risorse non rinnovabili, il futuro avrebbe visto un declino catastrofico dell’economia mondiale.

Era un libro profetico, innovativo, geniale e profondamente ottimista nel credere che l’umanità avrebbe potuto fare qualcosa per evitare la catastrofe prevista. Ma non fu capito e tutti sappiamo com’è andata a finire. Attaccati da tutti quelli che vedevano il loro potere minacciato dai risultati dello studio, i ricercatori dei Limiti dello Sviluppo hanno visto piano piano le loro speranze svanire mentre il mondo intero li insultava, li ridicolizzava, e addirittura li dipingeva come criminali pericolosi. La campagna propagandistica contro di loro ha avuto talmente tanto successo che, ancora oggi, è comune leggere delle “previsioni sbagliate” fatte dallo studio o, addirittura, che lo studio aveva lo scopo di generare un programma di sterminio della maggior parte dell’umanità.

E così, siamo arrivati oggi al tempo per il quale i risultati di base dello studio indicavano la possibilità di un inizio del declino. Non era da prendersi come una profezia, ma come un rischio da considerare. Ma nessuno l’ha considerato e, oggi, ci stiamo accorgendo che il mondo ha seguito quasi esattamente le traiettorie previste dallo “scenario base” dello studio. Sembra proprio che I Limiti dello Sviluppo si sia rivelato una vera macchina del tempo che ci aveva indicato correttamente quello che ci aspettava: inquinamento, alti costi delle materie prime e sovrappopolazione erano tutti elementi che indicati come le ragioni della crisi prevista. È la crisi che stiamo affrontando oggi? Se è così, siamo proprio all’ultima chiamata per cercare di evitare i danni peggiori. Ma li potremo evitare solo se ci decidiamo a fare qualcosa alla svelta; mentre invece nessuno sta facendo niente. Sembra davvero di vivere in un film.
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