Relativamente all’incontro Grillo-Renzi, ancora al centro di un acceso dibattito, l’obiezione più frequente dei delusi dall’atteggiamento di Grillo è: “doveva far parlare Renzi e controbatterlo punto per punto”.

Secondo molti osservatori e specialmente fra quelli che hanno votato “Sì” sul blog del Movimento 5 stelle per andare alle consultazioni con Renzi, Beppe Grillo avrebbe dovuto quindi ascoltare le obiezioni del premier incaricato e smontarle una per una dimostrando così la forza delle sue ragioni.

Questo pensiero è molto affascinante ed è comprensibile che nasca in chi ha il sincero desiderio di mostrare di essere nel giusto, ma purtroppo è irrealizzabile. Tentare di smontare un elenco di obiezioni è sempre controproducente. La comunicazione interpersonale funziona in modo completamente diverso, ma per comprenderlo dobbiamo far nostri alcuni concetti.

Obiezioni reali e obiezioni apparenti. In ogni genere di trattativa (in questo caso politica, ma puoi usare queste informazioni in ogni campo, sul lavoro e in famiglia) prima di raggiungere un accordo, una o entrambe le parti solleveranno delle obiezioni. In realtà non tutti i problemi posti esistono veramente. Le obiezioni si dividono infatti tra reali e apparenti.

Le obiezioni apparenti sono le “scuse” che l’altro ci dà per evitare l’accordo, mentre il motivo che lo blocca è un altro e lo tiene nascosto. Quella esternata è di solito l’obiezione apparente; quella nascosta è invece quella reale, la vera questione cioè che impedisce all’altro di darci ragione e che è sempre una sola. Superando quella unica obiezione convinceremo l’altro e manderemo in porto la trattativa.

Allora perché non viene presentata direttamente l’obiezione reale? Perché solitamente è socialmente sconveniente. Quante volte hai detto ad un venditore alla tua porta “grazie ma non mi interessa” mentre l’obiezione reale era “non mi fido di te e della tua azienda” oppure “non ho soldi”. L’obiezione reale, seppur vera, appare di solito offensiva per l’altro o umiliante per se stessi. A livello politico i motivi reali per non voler scendere a patti possono essere legati ad interessi economici personali o di lobby, ad accordi segreti fra avversarsi solo apparenti, per questo la parte presenterà sempre obiezioni inventate e politicamente corrette, superate le quali ne tirerà fuori di nuove.

Se argomentiamo su una cosa non vera, pur riuscendola a smontare, l’altro ce ne solleverà un’altra ancora più grande, ma sempre non vera e in poche battute si finirà nel presentare obiezioni paradossali simili a certe storielle zen. Questo non porta ad avere ragione, ma al tentativo forzato di ottenere ragione.

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer fra gli stratagemmi per ottenere ragione (senza averla) consiglia ad esempio di usare tesi apparentemente assurde: “Se la propria tesi è paradossale e non la si riesce a dimostrare, proporre all’avversario una tesi giusta ma non evidente; se questo la rifiuta condurlo ad absurdum (ragionamento per assurdo), ad auditores (dove chi ascolta, in questo caso in Tv o in streaming, è poco informato) e trionfare. (A. Schopenhauer, L’arte di ottenere ragione).

In termini politici potrebbe essere “io con questa riforma del lavoro eliminerò definitivamente la disoccupazione, se non me la voti è perché non vuoi dare lavoro ai giovani”. Molti spettatori che ripongono fiducia nel proponente non capiranno l’absurdum dell’obiezione apparente, l’impossibilità di eliminare la disoccupazione, e così diranno che l’altro avrebbe dovuto comunque dargli una possibilità. Tentare di controbattere punto per punto diverse obiezioni apparenti è quindi non solo inutile ai fini dell’accordo, ma anche dannoso agli occhi di una parte dell’opinione pubblica.

Abbiamo detto che l’unica obiezione che bisogna superare per mostrare di avere ragione è quella reale. Allora Grillo avrebbe dovuto smontare quella? Se si fosse trattato di una consultazione per trovare un accordo sì. Ma non lo era. Superare l’obiezione principale serve per convincere qualcuno della bontà della propria proposta, ma in questo caso nessuno dei due aveva in mente di fare un accordo. L’incontro era un secco scambio di informazioni.

Infatti Renzi ha esordito premettendo di non stare lì a chiedere la fiducia né nient’altro. Non essendoci richieste non può esserci accordo. Proprio per evidenziare questa anomalia Grillo ha subito risposto stupito “se non devi chiederci niente che siamo venuti a fare?”. E l’incontro si è trasformato in uno scontro, una confessione reciproca di non stima.

Quindi, come ho già affermato: Grillo per accontentare più elettori possibile e preservare intatta l’identità del Movimento non poteva fare altro che zittire Renzi, non controbattere su ogni punto.

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