Mancano poche ore alla serata degli omaggi ai grandi cantautori italiani, ma questo Festival è stato un omaggio continuo, fin dalla prima serata, in perfetto stile Fazio. Lui dice di non essere buonista, però non si può negare che l’elenco dei tributi riservati ad alcuni big della cultura popolare italiana abbia ormai raggiunto dimensioni cosmiche. Tutto è partito martedì, con Luciano Ligabue che ha interpretato, in un genovese non proprio impeccabile, Creuza de Ma di Fabrizio De Andrè, proprio nel giorno del suo compleanno. Più tardi, nella stessa serata, prima Fazio ha cantato con Laetitia Casta Silvano di Enzo Jannacci e alla fine altro tributo a Roberto Freak Antoni con un accenno in sottofondo di Mi piaccion le sbarbine e un intervento di Luciana Littizzetto.

Ieri sera, invece, l’Orchestra Filarmonica della Fenice di Venezia ha ricordato il maestro Claudio Abbado, mentre stasera sarà Marco Mengoni, vincitore della scorsa edizione del Festival, a tributare il giusto omaggio a Luigi Tenco. Fin qui, i grandi che non ci sono più. Ma accanto al tributo ad memoriam, Fazio ha scelto anche di dedicare ampio spazio del suo show a chi è ancora vivo e vegeto e calca ancora le scene, nonostante una lunghissima carriera e una certa età: Claudio Baglioni, le Gemelle Kessler, Franca Valeri, Renzo Arbore, Yusuf Cat Stevens. E nelle ultime due serate toccherà nientemeno che al Mago Silvan e a Claudia Cardinale. L’età, sia chiaro, non vuol dire davvero nulla. Basti pensare a Franca Valeri, classe 1920, che sul palco dell’Ariston ha mostrato una vitalità che farebbe invidia al più sbarbato dei teenager.

Ma è innegabile che quella di Fazio, singoli nomi a parte che meriterebbero ben altro che un tributo festivaliero, sia una scelta stilistica e narrativa. Un culto dei morti che si incastona alla perfezione nella tradizione faziesca, fatta di recupero della memoria, nostalgia dei bei tempi andati. Lo avevamo visto già più di quindici anni fa con Anima mia. E ancora prima con Quelli che il calcio. A Fazio l’amarcord piace, a patto che sia quanto più felpato e liturgico possibile. E allora è naturale che usando la rete a strascico per pescare nei ricordi, possa capitarti di tirar su qualche vecchio scarpone, oltre a pesci prelibati. L’esibizione di Claudio Baglioni, ad esempio, ha destato più di qualche dubbio in conferenza stampa, con sogghigni e frecciatine al veleno contro il Divo Claudio, immortale musicalmente ma anche dal punto di vista epidermico, a quanto pare.

E allora il destinatario del tributo si trasforma in statua di marmo levigatissimo, a immortalare un’immagine andata che sta nei ricordi di tutti ma è mendace, e sa più di Madame Tussauds che di Festival di Sanremo, anche se è innegabile che l’Ariston sia il luogo italiano che più somiglia a un museo delle cere. Fazio si destreggia con contrita disinvoltura nei panni del “ricordatore” di professione. E’ nelle sue corde e si vede, e poi la sua espressione di concentrata contrizione non ha davvero rivali sul globo terracqueo. Fino a poco tempo fa, per essere ospiti di Fazio, bisognava mandare in stampa un libro, preferibilmente coccoloso e zeppo di buoni sentimenti. Dopo questo Festival, a quanto pare, toccherà morire.

Articolo Precedente

Formula Fazio: un mix di ricordismo e culto dei morti

next
Articolo Successivo

‘l’Ora della Calabria’, la censura riguarda tutti noi

next