Renzi, seppur bravo nella comunicazione, stavolta non si è preparato. Pensando a Grillo come ad un comico ha scritto solo due battute da sfoderare appena il genovese avesse iniziato ad alzare i toni: “Non è il trailer del tuo spettacolo, non so se sei indietro con le prevendite” e “esci da questo blog”.

Eppure Renzi sembrava essere partito bene. La sua gentilezza aveva stupito Grillo che lo ascoltava. Ma poi si è capito che di gentilezza non si trattava, piuttosto era timore. Timore di non riuscire a dialogare. Infatti, contrariamente al suo solito modo di fare, Renzi si interrompeva immediatamente appena Grillo apriva bocca. Questa leggerezza dettata dal timore si è poi sommata ad un vero e proprio errore nel linguaggio del Segretario Pd. Il fragile equilibrio si è rotto appena Renzi ha parlato di “ostruzionismo” da parte del M5S in Parlamento. Quello era il momento che Grillo aspettava per partire all’attacco, e non ci ha pensato due volte.

Dopo circa due minuti dall’inizio dell’incontro, Grillo è partito come un fiume in piena attaccando duramente Renzi, il quale ha cercato timidamente di prendere la parola ma è rimasto sommerso. Grillo gli ha concesso prima un minuto, poi è sceso a trenta secondi fino a ripensarci e decidere di “non perdere tempo” ad ascoltarlo. Così dopo appena dieci minuti lo ha salutarlo con una stretta di mano e se n’è andato.

Perché Grillo, impedendogli di parlare, ha scelto di non dialogare con Renzi? Era l’unica soluzione che aveva per far contenti tutti. Analizziamo lo scenario.

La rete ha deciso attraverso sondaggio di mandare il M5s alle consultazioni con Renzi nonostante la volontà contraria espressa da Grillo e Casaleggio. I risultati del sondaggio online dimostrano che la base del Movimento era divisa perfettamente a metà sulla questione con solo 400 voti di differenza. Grillo doveva quindi tener conto almeno in parte anche dell’altra metà.

Un dato ha aiutato l’ex comico. Un sentimento che ho constatato dai numerosi commenti dei partecipanti al voto sul blog, sul Fatto e sui social media e che ho riscontrato grazie al dialogo quotidiano che intrattengo su Twitter, dal mio account: molti hanno votato “Sì” per mandare Grillo da Renzi a fare quello che ha fatto, ovvero per “dirgliene quattro”. Quasi la metà quindi non voleva che Grillo andasse da Renzi, la maggioranza sì, ma molti di loro espressamente per attaccarlo frontalmente. Facendo questo Grillo ha adempiuto alla richiesta della rete.

Un’altra ragione per la quale Grillo doveva agire in quel modo è la sua funzione di garante del Movimento. Nel caso specifico, di garante dell’identità del Movimento.

Perdere il contatto con la propria identità è molto facile, soprattutto quando ci si lascia trasportare dagli eventi, dalla vita politica e da certa informazione creata proprio per somministrare una realtà artificiale diversa dalla propria. Attraverso la propaganda, per raggiungere i propri scopi un potere può servirsi anche della democrazia diretta creata da altri (in questo caso dal M5s). La coerenza di Grillo nel non dare neanche la minima impressione di voler trattare con Renzi richiede una fermezza difficile da mantenere per chi è chiamato a fare un semplice clic.

Così Grillo è andato alle consultazioni con Renzi come richiesto dalla maggioranza in rete; lo ha attaccato senza mezzi termini come richiesto da quasi tutti; non ha trattato con lui, come richiesto dall’altra metà che ha votato “No”; ha mantenuto intatta l’identità del Movimento pur essendosi seduto fisicamente al tavolo con Renzi, identità per la quale nove milioni di italiani l’hanno votato.

Meglio di così.

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