La Direzione nazionale antimafia va all’attacco del processo sulla trattativa. Lo fa con un accenno nella relazione annuale sul 2013, appena chiusa. Poche righe che però riaprono la spaccatura delle toghe sull’inchiesta che ha portato sul banco degli imputati boss, politici e investigatori di alto livello. I pm coordinati da Antonio Ingroia hanno contestato agli imputati “la fattispecie astratta di cui all’art. 338 c.p. (violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ndr)”, scrive il consigliere della Dna Maurizio De Lucia, già al fianco di Piero Grasso quando l’attuale presidente del Senato era Procuratore antimafia. Una contestazione, continua, che pone “nuovi problemi di natura giuridica e fattuale al Giudice che dovrà decidere sulla corretta ricostruzione dei fatti operata nell’inchiesta”. E le parole di De Lucia innescano la polemica tra la Dna e la Procura di Palermo. 

Se la trattativa avvenuta all’epoca delle stragi mafiose del 1992-93 possa tradursi in un reato concretamente contestabile ai suoi protagonisti è uno dei nodi centrali di quel processo. Ma le critiche della Dna non si fermano qui. De Lucia sottolinea anche il “recente deposito della sentenza” che “ha assolto il prefetto Mario Mori ed colonnello Obinu dalle accuse relative alla mancata cattura di Bernardo Provenzano nell’anno 1996″. Un processo che “presenta significativi momenti di collegamento sia probatorio che sostanziale con quello in argomento ed il suo esito non può non destare oggettivi motivi di preoccupazione in relazione all’impostazione del processo c.d. trattativa“. Il tono è soft ma il colpo è duro. Le motivazioni dell’assoluzione Mori-Obinu, infatti, si sono allargate in modo irrituale fino a definire la trattativa “non sufficientemente provata”, anche se il relativo dibattimento istruito da Ingroia (prima del “salto” nella politica attiva con Azione civile), Di Matteo e colleghi è ancora lontano dalla conclusione.  

La relazione annuale della Dna serve a presentare l’attività giudiziaria di ogni distretto e l’evoluzione delle diverse mafie. Dunque, scrive De Lucia, riguardo al processo sulla trattativa “nella presente relazione appare opportuno limitarsi a prendere atto della sua esistenza e della scelta di esercitare l’azione penale da parte della Dda di Palermo astenendosi da ogni valutazione su tali scelte”. Ma la valutazione, sotto il gergo felpato del giuridichese, traspare nitidamente. E non è affatto positiva. 

“Mi chiedo che competenze abbia un semplice sostituto della Direzione nazionale antimafia a scrivere contro un processo ancora in corso di cui non conosce neppure le carte?”, commenta infatti all’Adnkronos il Procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi. “E’ fuori da ogni logica”. E così si vede costretto a intervenire il capo della Dna Franco Roberti, succeduto a Grasso nel luglio scorso. “Nessun intento critico nei confronti della Procura di Palermo può e deve essere letto”, precisa il magistrato. La Dna, “senza volersi ingerire nelle scelte processuali, ha inteso soltanto evidenziare la complessità del processo – certamente di maggiore interesse attuale per l’opinione pubblica – in relazione alle inedite problematiche giuridiche e fattuali che esso presenta”. Ma il pm palermitano Nino Di Matteo, che conduce il processo sulla trattativa, vede nel giudizio della Dna “l’ennesima entrata a gamba tesa contro un processo che dà fastidio a tutti, non è la prima e purtroppo credo che non sarà neppure l’ultima”. “Mi chiedo cosa succederebbe – continua Di Matteo all’Adnkronos – se qualcuno di noi formulasse giudizi di merito di questo genere su processi in corso davanti a tribunali e corti d’assise diverse”.

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