La posizione di Fiat sulla decisione di stabilire la sede fiscale del nuovo gruppo Fca in Gran Bretagna è sempre la stessa: “La residenza ai fini fiscali nel Regno Unito non comporta effetti significativi sul carico fiscale del gruppo”. E allora perché non scegliere l’Italia? Lo chiarisce l’azienda poco dopo, nello stesso comunicato. “Per quanto riguarda l’imposizione per gli azionisti, si ricorda che i dividendi distribuiti dalle società fiscalmente residenti nel Regno Unito non sono normalmente assoggettati a ritenuta d’imposta“, spiega il Lingotto, precisando che “ovviamente i dividendi percepiti continueranno ad essere soggetti ad imposizione in base alle regole dei Paesi di residenza degli azionisti medesimi”. In altre parole, gli azionisti residenti in Paesi anglosassoni, come Stati Uniti o Inghilterra, potranno godere delle cedole senza essere tassati. Diverso sarebbe invece il discorso se la sede fosse, per esempio, in Italia.

L’azienda di Sergio Marchionne ha risposto così a una lettera di chiarimenti inviata dalla Consob il 13 febbraio, due settimane dopo l’annuncio di voler stabilire la sede legale del nuovo gruppo in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna. Le informazioni aggiuntive richieste dall’Authority non riguardano solo la delicata questione fiscale, ma anche le ipotesi su cui si basano gli obiettivi 2014 comunicati a gennaio, gli effetti del recente declassamento da parte dell’agenzia di rating Moody’s e l’accesso alla liquidità di Chrysler.

La società di Detroit non potrà distribuire a Fiat dividendi superiori al 50% degli utili netti accumulati dal 1 gennaio 2012, in aggiunta ad una distribuzione “una tantum” di 500 milioni di dollari e l’utilizzo della liquidità del gruppo statunitense sarà possibile solo se la stessa eccede i 3 miliardi di dollari, precisa il Lingotto. Viceversa i finanziamenti infragruppo non saranno soggetti ad alcuna limitazione fatto salvo quanto previsto dalla disciplina relativa alle parti correlate. Per quanto riguarda le previsioni sui conti, invece, il gruppo assicura che “i fabbisogni per gli investimenti previsti nel 2014 saranno più che coperti dalle risorse generate dalla gestione, al lordo degli interessi”.

Quanto al recente downgrade di Moody’s, Fiat precisa che non comporta alcun obbligo di rimborso del debito esistente. E spiega di prevedere ricavi in crescita del 7% “principalmente” grazie all’attività in Stati Uniti, Canada e Messico, perché “il mercato è atteso ancora in rialzo rispetto al 2013, seppur con un tasso di crescita più contenuto rispetto agli anni precedenti” e dove “il gruppo ha l’obiettivo di aumentare il fatturato soprattutto grazie al progressivo consolidamento delle vendite”.

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