Quella mattina del 14 febbraio 2114, Festa delle Larghe Intese, sotto le macerie dell’ennesimo edificio scolastico crollato in pieno centro a Roma – la scuola elementare Francesco Caltagirone, al Km 20 della via Tiburtina, in località Pomezia – gli archeologi avevano rinvenuto i resti di un misterioso edificio di era Napoletanica databile al secolo precedente, intorno all’anno 2013. Si trattava di una struttura a pianta quadrata di circa un metro per un metro, con tre mura di compensato vinilico e senza finestre, che per queste sue caratteristiche aveva fatto pensare a una casa popolare dell’epoca, ma la superficie interna era risultata essere troppo ampia per quel genere di abitazioni del 2013.

La struttura parve quindi riferirsi a una villetta prefabbricata destinata ad accogliere le vittime del terremoto che aveva colpito nel 2009 la città de L’Aquila, capoluogo di provincia dell’Abruzzo prima della definitiva abolizione (di L’Aquila, non delle province. Quelle c’erano ancora). Anche questa seconda ipotesi era stata accantonata, poiché l’edificio era collocato troppo vicino al centro de L’Aquila rispetto alle zone dove avevano costruito le New Town. Il mistero si era quindi infittito: a cosa serviva quel cubicolo di compensato, abbandonato nel sotterraneo di una scuola abbandonata? Potevano essere d’aiuto le incisioni decorative rinvenute sulle pareti interne, numerose scritte ornamentali a matita copiativa tra le quali ricorrevano “Vaffanculo”, “Ladri!”, “W Beppe!”, “Forza Italia!”, “W la figa” e “È l’ultima volta che voto Pd”? Sul luogo del ritrovamento erano giunte le autorità. Per primo era arrivato il ministro dei Trasporti Absolute Elkann, che nel nuovo governo di larghe intese aveva preso il posto di suo padre, Vintage Denim Elkann, figlio dell’ex ministro dei Trasporti Lapo Elkann. Proprio gli appunti che Lapo aveva lasciato in eredità a suo figlio Vintage Denim insieme all’Olanda parvero utili a decifrare il mistero dell’abitacolo. Si trattava del prototipo della Fiat JJHHYRgggHtk, disegnata da Lapo nel 2032 sul retro del tovagliolo di carta di un bar e mai prodotta perché avveniristicamente sprovvista delle ruote (accantonato anche lo slogan ideato da Lapo: “Nuova Fiat JJHHYRgggHtk, Parcheggiala in seconda fila e lasciala lì per sempre”). Di diverso avviso il ministro delle Attività Improduttive Nathan Falco Jr Jr, secondo il quale lo strano cubicolo era chiaramente “una cabina”. Sì, una vecchia cabina dello stabilimento balneare Twiga, sostituita dopo il condono del 2024 con il modello in porfido a tre navate.

Per il leader del nuovo partito di governo Forza Italia (ex Pdg-Popolo della Gente, ex Gdp-Gente del Popolo, ex Ab-Abbasso Germania, Ex Forza Italia, ex Pdl-Popolo della Libertà, ex Forza Italia) Silvio Berlusconi, apparso in grande forma sulle sue 194 televisioni dopo il recente trapianto di corpo, si trattava invece di “Una Dark Room dove si faceva… cene eleganti”. Più fantasiosa l’opinione dei giornalisti stranieri, secondo i quali si era di fronte a una “cabina elettorale”: un arnese anticamente utilizzato nel periodo delle cosiddette “elezioni”. Le elezioni – aveva spiegato un inviato della tv spagnola – erano una pratica in voga anche in Italia, nella seconda metà del Novecento e nel primo decennio del secolo successivo, allo scopo di indicare a maggioranza il partito o la coalizione che doveva governare il paese: all’estero erano ancora in uso. L’affermazione aveva suscitato l’ilarità dei presenti, ma lo spagnolo aveva insistito: “È scritto nella vostra Costituzione! Titolo IV, Artcolo 48…”. “Ceeerto”, lo aveva bonariamente rassicurato il ministro dell’Istruzione Cardinal Alfonso Boggi: “E la Costituzione è sacra. Come la Bibbia. Dove c’è scritto che nell’ultimo giorno verrà un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi… Apocalisse 12, versetto 3. Figliuolo, i testi sacri non vanno presi alla lettera”.

Fu allora che il ministro dello Stage e delle Politiche sociali ebbe una folgorazione: “Le elezioni! Certo, me ne parlava mio nonno… ora ricordo. Hanno smesso di usarle quando si sono rotte”. “Rotte?”, aveva domandato Absolute Elkann. “Sì. davano sempre lo stesso risultato, come il termometro quando si rompe la colonnina del mercurio. Vinceva questo o quello, ma al momento di fare il governo saltavano sempre fuori le larghe intese. Così, sono cadute in disuso”. “Le larghe intese?”. “No, le elezioni”. “Ah, mi pareva”. “Povero Nonno, a lui piacevano”. “Le larghe intese?”. “No, le elezioni. Non ci stava più con la testa. Ogni tanto i vigili lo trovavano che vagava per le strade con la tessera elettorale in mano. Si metteva in coda alla fermata dei taxi convinto che fosse la fila per sezione n. 2201”.

Un passante che si era fermato ad ascoltare la conversazione si azzardò a proporre: “Ora che abbiamo ritrovato la cabina potremmo tornare a votare!” ma venne sopraffatto dalle proteste dei ministri: “Votare senza approvare la riforma elettorale?!”, “approvare la riforma elettorale senza abolire il Senato?!”, “abolire il Senato senza abolire le Province?!”, “abolire le Province senza ridurre il cuneo fiscale?!”. Si allontanò con aria mesta, sentendoli mormorare in lontananza: “…riconoscere pari diritti alle coppie omosessuali senza completare la Salerno-Reggio Calabria?!”. Le elezioni si svolsero solo diversi anni più tardi, nel 2138, anno in cui l’anziano Silvio Berlusconi aveva finalmente saldato il suo debito con la giustizia e si poteva ricandidare.

Di Francesca Fornario
Da Il fatto Quotidiano del 14 febbraio 2014

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