L’impegno per l’Italia di Enrico Letta potrebbe durare solo un giorno. A meno che il presidente del Consiglio in carica riesca a frenare la carica irruenta del Presidente del Consiglio in pectore, in ventiquattro ore sarà dimenticato. Nondimeno Letta ha deciso di sfoderare le sue “50 sfumature”, un elenco di buone intenzioni per tenere la scena il più a lungo possibile. L’impegno è pubblicato sul sito del governo – e riportato qui sotto – in un un elegante formato grafico con tanto di tavola sinottica (le “matrici”) degli “obiettivi”, degli “strumenti” per realizzarli, delle “Amministrazioni responsabili” e dei “tempi” con la data di presentazione.

Quando si elencano in un momento di crisi politica drammatica 50 obiettivi ambiziosissimi e, allo stesso tempo, un po’ burocratici, si espone plasticamente la propria difficoltà. Le proposte di Letta, inoltre, non obbediscono a nessuna “visione” politica, come è nello stile del personaggio, e per coglierne lo spirito occorre davvero leggerle tutte. Il premier ha provato a incastonarle in una “Cornice europea” in cui, al fondo, c’è un po’ di battaglia politica nella Ue ma anche la garanzia del rispetto del vincolo del 3%. Ma oltre questo, non si suscita nessuna “idea di Paese”. Il taglio ragionieristico è offerto anche dalla tavola che spiega come entrano e come escono le nuove risorse: 30,6 miliardi di entrate nel biennio 14-15 di cui oltre la metà derivanti dalla spending review e 8 dal rientro dei capitali dall’estero e comunque indicate in 18 miliardi per il 2015. Gli impieghi vanno soprattutto al taglio del cuneo fiscale fiscale, 19 miliardi in due anni. Letta ha provato a esaltare la novità di uno schema di programma in cui sono ben evidenti le “cose da fare”, “chi le fa” e “quando”. Ma alla fine si tratta solo di un elenco di disegni di legge e dei ministeri competenti facilmente desumibili. 

Il primo capitolo è quello del Lavoro. E qui si vede la mano di Renzi. Al primo posto, infatti, c’è il “contratto di inserimento a tutele crescenti” copiato direttamente dal Jobs Act. Così come il “codice del lavoro” semplificato con l’obiettivo di arrivare a un Testo unico. Immancabili gli esodati, di cui non si quantifica il numero da regolarizzare e poi l’impegno a recepire l’accordo sindacale del 10 gennaio con una Legge sulla rappresentanza.

Nel comparto Persone, un po’ di idee nuove e, ancora una volta, un po’ di Renzi. A cominciare dalla proposta di una legge sullo Ius soli e di una non meglio precisata legge “sui diritti delle coppie conviventi”. Potrebbe invece essere farina del sacco di Letta la “Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” mentre sprofondano nel generico “l’inclusione attiva” e il “disagio abitativo”. Nella foga di mettere dentro tutto, c’è anche “il sostegno della pratica sportiva”.

Quando si passa alla Formazione si sente di nuovo la mano di Renzi. Ciclo scolastico più breve con l’avvio alla scuola dell’infanzia, Edilizia scolastica, assunzione dei precari, diritto allo studio per l’Università, valutazione e merito rivisto per gli insegnanti. Tutti punti in cui, in dieci mesi, il governo presieduto da Letta non ha fatto quasi nulla.

Per quanto riguarda il Fisco, la sostanza è il taglio del Cuneo fiscale per 4,5 miliardi da recuperare tramite spending review, risparmi e rientro dei capitali dall’estero. Anche l’Amministrazione pubblica sarà sottoposta a una spending review generale, il cuore del programma (ma lo era già stato nel governo Monti), si punta a riformare la dirigenza pubblica e a eliminare le nomine politiche nella Sanità.

Un po’ di alleggerimento del Patto di stabilità, invece,  nel programma Investimenti con l’uso massiccio dei Fondi europei. Ma Letta ha tempo anche per proporre un piano di “Riforma della portualità”.

Per l’Impresa la misura operativa è il pagamento dei 19,8 miliardi di debiti dovuti dallo Stato per il 2014 ma anche l’impagabile progetto di “soluzioni finanziarie innovative per pagare i debiti restanti”. Dopo di che è tutto un “incrementare”, “detassare”, “promuovere”, “potenziare”, “far partire”. Sulla riduzione dei costi dell’energia non si specifica quanto e poi si promette più ricerca e immancabili “liberalizzazioni” e “privatizzazioni”.

Ancora impegni generici, ma affastellati, sul Territorio, in direzione della tutela del “dissesto idrogeologico”, sulla Legalità, con i soliti “tempi della giustizia” e un fresco “piano carceri” nuovo di zecca. Per Cultura e Turismo ritorna l’ambizione di “introdurre”, “definire”, “rafforzare”, potenziare” mentre sull‘Innovazione si va dalla “definizione di un piano di infrastrutture digitali” alla fatturazione elettronica ma anche la “telemedecina” o il “Portale della trasparenza” nella Sanità. E così si arriva a 50. Renzi è servito. Ma per andare dove?

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