Col Decreto del Fare, approvato in via definitiva lo scorso agosto, gli italiani hanno avuto forse l’unica buona notizia del 2013: il wi-fi diventa libero. Una battaglia portata avanti da associazioni, movimenti ed esperti del settore che hanno chiesto e ottenuto che il Wi-Fi in Italia, come in molti paesi occidentali, fosse libero dai lacci e lacciuoli della burocrazia che pretende di registrare e schedare tutti gli utenti che accedono agli hotspot offerti gratuitamente da ristoranti, pub, locali ma anche da pubbliche amministrazioni, con lunghe e noiose procedure di registrazione e autenticazione. Tutto bene dunque? No, quasi tutte le amministrazioni si oppongono e mantengono in piedi il tecnocontrollo, in barba alla facoltà offerta dalla legge.

2838 hotspot, 61 reti e 538098 utenti dovranno continuare ad autenticarsi. Sono i numeri di Free ItaliaWifi che riunisce molte reti wi-fi gestite dalle nostre amministrazioni a cui fanno riferimento gli hotspot gestita da diversi regioni, province e comuni (tra i tanti le regioni Sardegna, Piemonte e Friuli Venezia Giulia, le province di Roma, Firenze, Grosseto, i comuni di Pisa, Livorno, Venezia, Genova, Brescia). Il 21 ottobre durante l’assemblea degli enti federati “la maggior parte delle Amministrazioni presenti ha manifestato la volontà di mantenere il sistema di autenticazione per gli utenti che vogliono navigare nelle loro reti WiFi”.

Ricostruiamo la vicenda dagli esordi. Il decreto Pisanu introduceva l’identificazione obbligatoria di utenti che accedono ad internet anche tramite hotspot wi-fi; la successiva abolizione del decreto Pisanu dava origine a dubbi normativi, lasciando nell’incertezza i gestori di hotspot sull’obbligo di identificare gli utenti; col Decreto del Fare, grazie alle pressioni del M5S, di Stefano Quintarelli (Scelta Civica) e Marco Meloni (Pd) giungeva in extremis la norma che liberalizza il wifi (a firma del relatore Boccia). Nella sua formulazione finale l’art.10 recita: “L’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia wi-fi non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori. Quando l’offerta di accesso non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modifiche, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni.”

La legge è chiara, ora non ci sono più dubbi. E se alcuni comuni hanno utilizzato la legge per liberalizzare il wi-fi (comuni di Firenze, Padova, Campi Bisenzio, Andria), la rete Free ItaliaWiFi ha deciso di “opporvisi”: la legge infatti non prevede l’obbligo di liberalizzare l’accesso, ma solo la possibilità. E così, ora che la battaglia per la liberalizzazione del WiFi è vinta, l’enorme opportunità che tale legge offre viene ignorata dal bizantinismo della cultura burocratica delle nostre amministrazioni. Eppure nel decreto sarebbe bastata una sola parolina, sarebbe bastato sostituire “non richiede” con “non deve richiedere”.

Procedure di registrazione assurde e complicate, diverse per ogni amministrazione, spesso ancor più bizantine per gli stranieri (che in alcuni casi sono obbligati a fare un acquisto con carta di credito a 0 euro per poter essere identificati). Pessime anche le procedure di autenticazione, che in alcuni casi obbligano l’utente a dover aprire il browser e fare l’autenticazione ogni volta che ci si connette alla rete. A questo si aggiunga una copertura spesso inefficiente, limitata alle zone “bene” di una città (ignorando spesso quelle con maggiore densità abitativa), a disservizi della durata di mesi segnalati dai cittadini, alla pubblica amministrazione che spesso in caso di problemi si limita ad indicare al cittadino il numero verde del call center della società che ha vinto la gara d’appalto (la quale si guarda bene dall’intervenire), per non citare i problemi di sicurezza, con l’assenza di possibilità di accedere a vpn e tunnel sicuri, lasciando a chiunque, anche a digiuno di conoscenze informatiche, la possibilità di rubare dati sensibili (basta un semplice hotspot che utilizzi lo stesso Ssid del comune, un’operazione che anche un bambino sa compiere).

La battaglia del wi-fi libero è lungi dall’essere conclusa, siamo ancora al punto zero. È evidente che serve una nuova norma che obblighi le amministrazioni a liberalizzare il wi-fi, altrimenti avremo una Italia di serie A con poche amministrazioni virtuose e un’Italia di serie B ancorata al secolo scorso e che si ostina a non cambiare. Occorre partire da qui anche per affrontare le tematiche sulla qualità del servizio offerto, della copertura, della sicurezza. Occorre un decreto del Fare per Davvero e non del Fare per Finta.

di Enzo Dell’Aquila

__________________________________

Il blog Utente Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.itsottoscrivendo il nuovo abbonamento Utente Sostenitore.

Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. E ogni giorno ne pubblicheranno uno. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio.

Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

Articolo Precedente

Siae, Gino Paoli sulla copia privata: ignoranza o demagogia

next
Articolo Successivo

Viral Web- Sochi 2014: se non ti vuoi incazzare, non guardare questo video

next