New York tra Settanta ed Ottanta è un posto incredibile, ribollente ed ineguagliabile, traboccante di artisti squattrinati, geniali sperimentatori e spiantati d’ogni sorta che “squattano” nelle aree abbandonate, la Blank Generation del Punk e della No Wave nei film di Amos Poe e del primissimo Jarmusch di “Permanent Vacation” che assalta i vernissage e impone i propri artisti, i Basquiat, i Keith Haring, i Robert Longo, in una Big Apple pulsante che approda nel nuovo decennio in piena metamorfosi hip hop, mutant disco e cyberpunk. Glenn Branca si esibirà venerdì 7 febbraio nel piccolo club bolognese di Via Zago 7/c proponendo “Invisible Paintings”, una solo performance di lavori chitarristici editi ed inediti

Glenn Branca è figura emblematica della No Wave newyorkese ancor prima che il termine venga coniato, dopo l’uscita dell’antologia “No New York”, prodotta da Brian Eno nel 1978. La sua prima band sono i Theoretical Girls, un gruppo rock molto influenzato dal punk ma piuttosto originale che già suona in città in compagnia di Contortions e DNA. Pubblicano soltanto un singolo, “U.S. Millie / You Got Me”, e però registrano almeno un’altra dozzina di canzoni alcune delle quali decisamente avanti rispetto ai tempi. Prendete un pezzo rivelatore come “Computer Dating”: nei suoi tre minuti e quindici secondi ci sono già dentro non solo i Sonic Youth ma anche i Mission Of Burma ed in generale tutta un’estetica ed un modo di fare rock impostosi largamente nell’indie americano dei due decenni successivi. Ascoltare per credere. E se non fosse sufficiente ecco “Contrary Motion”, puro distillato di claustrofobica ed incalzante no wave in totale sintonia con la lezione d’oltreoceano dei This Heat.

Se i Theoretical Girls sono ancora fondamentalmente un gruppo legato al punk il discorso cambia decisamente con l’avvio della carriera solista di Glenn Branca in cui prende il sopravvento la sua personale reinterpretazione per chitarre noise dissonanti dell’eredità, ancor vivissima in città, della lezione dei compositori minimalisti dei Sessanta, Steve Reich in testa ma anche i vari La Monte Young, Tony Conrad, Terry Riley, Philip Glass. Nel 1980 le reiterazioni di “Lesson No.1 for Electric Guitar” e “Dissonance” dell’ensemble di cui fanno parte anche gli stessi Lee Ranaldo e Thurston Moore, i futuri Sonic Youth, sono già mezzo capolavoro. Anzi, lo preannunciano proprio, perché l’anno successivo esce “The Ascension”, il primo storico album, una pietra miliare sin dalla copertina, in cui campeggia una delle opere più significative della straordinaria serie “Men In The Cities” di Robert Longo: in sostanza l’emblema stesso della No Wave, quegli uomini storditi dalla musica, dall’alcool e dalla droga che si dimenano e contorcono come James Chance, con violenti e sensuali movimenti spastici, indossando eleganti e rigorosi abiti e cravatte nere su camicie bianche. La parabola artistica di Glenn Branca prosegue sino ai giorni nostri con una lunga serie di sinfonie per ensemble sempre più ampi (caratteristica che lo accomuna al collega Rhys Chatham) ed anche per orchestre. 

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