Il mondo sarà anche globale, ma qualcosa non mi torna. Non ci avevano detto che Fiat aveva comprato Chrysler, che l’azienda torinese guidata da Marchionne era divenuta proprietaria del 100% della fabbrica? Che eravamo diventati tutti più grandi e più globali perchè avevamo salvato anche le fabbriche nordamericane? Poi, domenica sera ho visto il meraviglioso commercial della Chrysler con protagonista Bob Dylan andato in onda durate il Super Bowl e qualcosa non mi torna più. Anche Bob mi ha spiazzato.

Lo slogan è «America’s Import» e lo spot è un (legittimo) inno all’orgoglio americano di aver inventato l’automobile moderna e di non voler perdere questa eredità. Come dire americani, comprate americano. Niente di strano. Solo che qui da noi qualcuno ci aveva detto che ora la Fiat aveva rilevato la Chrysler. Dalla pubblicità sembrerebbe il contrario. Certamente il messaggio che si vuol far passare agli americani non è quello di comperare un’auto italiana, prodotta e sostenuta dal lavoro e dal capitale italiano. O forse Marchionne ed Elkann temevano di essere scambiati per italiani.

L’altro pensiero ci viene da Bobby. Nel commercial sembra Johnny Cash o in ogni caso il prototipo dell’artista americano, del simbolo della middle class, lui che ha trovato per primo e meglio di chiunque altro le parole e la musica per svelare il lato meno retorico dell’America, lui che è stato l’apostolo delle minoranze, degli oppressi e dei dimenticati. Le due cose non si escludono, ma da Bob Dylan a Dolly Parton il passo è grande…e qui assomiglia molto di più all’autrice di Jolene.

Bobby a dire il vero non è nuovo a questi temi. Già nel 1983 nell’album «Infidels» aveva criticato la delocalizzazione produttiva con «Union Sundown» e nello spot Chrysler il tema di fondo è lo stesso, anche se venato di nazionalismo industriale.

Industria e arte ancora una volta si incrociano. Il mix non è banale. Anzi fa meditare. Il confine tra l’arte e la menzogna scompare. Dipende dal punto di vista dal quale lo si osserva. Bobby può mentire, come artista (e che artista!) ne ha tutto il diritto. Nella finzione certamente sa calarsi bene, al punto da diventare sincero, convinto (da un ricco contratto, e non solo!) e convincente. Ma la Fiat può continuare a mentire sapendo di mentire? L’arte sublima la menzogna, ma non la cancella. La Fiat con questo commercial ha ufficialmente dichiarato davanti alla più grande platea del mondo, quale è appunto quella del 48° Super Bowl, di essere divenuta un’azienda statunitense. Speriamo che anche in Italia se ne prenda atto.

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