Giovedì 30 gennaio 2014. Corriere: “Grillini all’attacco, rissa in Aula”. Repubblica: “Schiaffi e insulti, il Far West in aula”. La Stampa: “Auto, ora un futuro più solido”. L’Unità: “Respinto l’assalto di Grillo”. Metro: “La ghigliottina ci salva dall’Imu”. Il Fatto Quotidiano: “Rivolta sul regalo alle banche”.

Venerdì 31 gennaio 2014. Corriere: “Cortei e insulti, Camera nel caos”. Repubblica: “Parlamento, la guerra di Grillo”. La Stampa: “Renzi, grillini squadristi”. L’Unità: “Grillo, guerra alle istituzioni”. Metro: “Anzi, no: colpevoli”. Il Fatto Quotidiano: “Le mazzette e i due marò, lo scambio italo-indiano”.

I soldi non sono tutto nella vita, non possono comprare tutto e non fanno la felicità ma non conosco nessuno che preferirebbe essere meno ricco, più povero o che semplicemente si accontenterebbe di quello che ha. I soldi condizionano la nostra esistenza, soprattutto quando mancano.

Mercoledì sera agli italiani sono stati rubati 7,5 miliardi di euro: soldi prese dalle riserve di Bankitalia e dati alle banche private. Le riserve sono soldi pubblici derivanti dai proventi della gestione del contante e accantonati nel corso degli anni per far fronte ad eventuali emergenze, quindi non sono di proprietà delle banche. Non mi interessano i sofismi dei professori di economia che si fanno le vacanze con le consulenze fatturate al Ministero del Tesoro, mi fanno cascare le braccia i maghi Otelma della finanza, aborro i compari del gioco delle tre carte di piazza Affari.

Lì davanti alla Borsa è rimasto definitivamente il discutibilissimo Dito di Maurizio Cattelan che non è rivolto verso la famosa sala delle Grida ma verso chi sta fuori a guardare. Infatti la scultura non è una banale offesa al mondo della finanza, come molti pensano, ma bensì la considerazione che secondo l’artista ha di noi chi ci opera all’interno.

Siamo ignoranti, la maggior parte di noi non sa nulla di economia e neanche ci interessa, è troppo complicato. Meglio soffermarci sui vocaboli indicibili, sui termini volgari, sulle offese irripetibili. Meglio analizzare alla moviola la seduta per scoprire chi ha schiaffeggiato chi ed eventualmente se era in fuorigioco. Meglio lanciare qualche messaggio di solidarietà ai robottini di sistema che vengono attaccati dagli insolenti grillini, disgraziati e masochisti, che ci vogliono far pagare la rata dell’Imu!

Se la pensate così vuol dire che allora ha ragione Cattelan: se le banche possono appropriarsi delle riserve nazionali senza che nessuno se ne accorga (a parte il Fatto Quotidiano e un po’ il tg La7) facendolo addirittura passare come un beneficio per la popolazione (vedi rata Imu), allora quel dito ce lo meritiamo proprio.

Ma se lo meritano soprattutto coloro che dovrebbero semplificare, spiegare, comunicare le novità e che invece di capire cosa sta succedendo e raccontarlo, preferiscono scrivere dell’analisi eziologica del motto “boia chi molla”, della storia illustrata a fumetti della Banca d’Italia o del trionfo della ghigliottina che ci salva dal pagamento dell’ennesima tassa.

Una volta un amico giornalista mi disse (sarcastico): “Ma il giornalista è il mestiere di chi non sa cos’altro fare nella vita!” Un tempo era diverso, mi pare: i giornalisti si andavano a studiare le carte, scavavano tra i dossier per cercare la verità, diffidavano dei potenti. Poi verso la fine degli anni ‘90 qualcosa è cambiato: sono diventati amici, hanno cominciato ad andare a cena e in vacanza insieme, l’informazione si è fusa con la politica e quando leggi certi articoli o vedi certi servizi ti domandi se gli autori facciano i giornalisti o i portavoce del governo.

Tra un caffè in Transatlantico con il ministro e un pranzo alla buvette con l’onorevole, hanno perso completamente il senso della realtà. Alcuni ricordano un po’ gli aristocratici alla corte di Luigi XIV: trascorrono le giornate nel ghetto dorato del palazzo dove con 5 euro mangi aragosta e bevi champagne. Qualcuno è così occupato a leccare i piedi a chi li fa entrare e gli dà un po’ di credito che si sono dimenticati qual è lo scopo del loro lavoro: rendere pubbliche le informazioni, diffondere i dati, divulgare le notizie.

La separazione dei poteri è uno dei principi fondamentali dello stato di diritto. In Italia il potere legislativo è stato annesso a quello esecutivo: le leggi le fa il governo a colpi di decreti che il parlamento si limita a ratificare. Il potere giudiziario viene continuamente arginato dalle pressioni delle più alte cariche dello Stato. Se anche il Quarto Potere (quello dei giornalisti che lo esercitano attraverso i mass-media) sarà soppresso, non ci saranno leader, non ci saranno movimenti, non ci sarà nulla che potrà più salvarci.

Diceva il cittadino Kane nel celebre film di Orson Welles: “Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un’autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco.”

Mi rivolgo dunque a tutti i moralizzatori che hanno riempito le pagine dei giornali nei giorni scorsi: preoccupatevi prima di fare bene il vostro dovere, di spiegarci le porcate che fanno passare in parlamento, di dirci dove vanno a finire i nostri soldi e poi potrete ricominciare ad occuparvi di boia, pompini e schiaffoni.

La Repubblica tradita

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