Storie d’amore, di conti in saldo terzi e di concierge. Storie di concubine, corna, ricevute d’albergo e mogli da eliminare. Storie velenose, da licenzioso postdannunzianesimo d’Abruzzo, con l’erotismo sacrificato alla comicità: “Perché le due dimensioni si sfiorano, si incontrano e a volte si confondono fino a non distinguersi più”. Rocco Siffredi da Ortona osserva con relativo stupore i fratelli di regione precipitati in un filone sottoboccaccesco. Chiodi e De Fanis, governatore e assessore alla Cultura della sua patria d’origine alle prese con pentimenti tardivi e interrogatori. “Sono solo italiani che si inchinano alla religione nazionale. Politici o insegnanti, cambia poco. Indicano un modello di comportamento e poi fanno esattamente il contrario”.

Protagonisti reali di sfrangiate trame matrimoniali che lo stallone italiano, tra un adulterio da set e l’altro, ha spesso cavalcato lungo l’arco di più di 1000 film. La vera pornografia, suggerisce, è l’esercizio del potere: “Vero sinonimo della politica che nel letto trova solo immediato sfogo alla più scadente delle perversioni. Dominare l’altro. Averlo in proprio possesso. Poter decidere del suo destino”. Del film su Gianni Chiodi e sulla sua ospite occasionale poi assunta in Regione, Rocco approva il titolo: “La candidata è perfetto”. Il resto del ragionamento è universale perché di storie simili, nella versione di Siffredi: “Ne succede una al minuto”.

Questa volta la commedia era ambientata in Abruzzo.

Dove vive gente normale che in linea di massima, per quel che so, ha solidissimi valori. In Abruzzo purtroppo, come in molti altri luoghi distanti da metropoli o grandi agglomerati, la vista della figa può provocare allucinazioni.

Tentazioni esclusivamente provinciali?

Ovviamente no, è solo più facile che accada di perdersi e muovendosi maldestramente, di essere scoperti. Resta il fatto che pur bellissimo, l’Abruzzo resti un po’ periferico. Nei miei ricordi di ragazzino, Pescara somigliava a New York.

Certa politica abruzzese confina con Las Vegas.

Se hai avuto relative esperienze sessuali, coccarde, ruoli di comando o corti adoranti possono farti smarrire il senso del limite. Su vicende simili, Risi e i suoi compagni di commedia hanno costruito gallerie di mostri o di indimenticabili corrotti. L’uomo impazzisce, perde la testa, diventa bulimico e per l’avventuretta è pronto a vendersi l’appartamento, la casa di campagna e se serve, anche la moglie.

Sembra sia successo esattamente questo.

Purtroppo non lo ammetterà nessuno. Mai che ci tocchi sperare in un bel colpo d’ala, in un’ammissione virile, in un momento di liberatorio situazionismo. In un sorprendente: “Sì l’ho fatto perché ne avevo voglia e ora ne pago le conseguenze”. Non c’è coerenza, coraggio, dignità. E non si capisce il perché. Come stiano esattamente le cose l’hanno capito tutti.

E come stanno, Rocco?

Stanno che la coerenza è vista con sospetto e nessuno dice mai realmente ciò che pensa. Non siamo in Germania o in Olanda. Siamo  in Italia, un paese antimoderno. Il regno del bigottismo esasperato e della doppia morale. Che dopo aver peccato, il politico si debba mostrare contrito, puritano o ipocrita è persino banale. Fa parte del gioco.

Chiodi avrebbe ospitato una ragazza in un albergo romano e il conto, poco più di trecento euro, sarebbe finito sulle spalle dei contribuenti.

Vede, Berlusconi ci avrebbe almeno risparmiato il particolare miserabile. I trecento euro, mamma mia. Rispetto a certi abissi, Berlusconi si è comportato con assoluta signorilità.

Le è simpatico?

Molto. Avrei voluto fare un film con lui. Per ora non mi ha risposto ma non ho smesso di sperare. L’hanno descritto come il principe dei perversi, ma francamente non credo abbia fatto così male, né penso che sia stato tra i nostri politici peggiori. Ha usufruito del potere, gli è piaciuto e si è fatto un po’ i cazzi suoi. Ma se mezza Italia femminile voleva attaccarsi alla sua tunica e l’altra metà sognava di essergli amante o fidanzata, di condannarlo, io non me la sento.

Quindi?

Stiano tranquilli tutti quanti. Dopo il bigottismo, a ruota, segue il perdonismo. Tempo tre giorni e di questa storia d’Abruzzo non parlerà più nessuno.

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