Se la guerra alla povertà non porta risultati, perché non provare con la guerra ai poveri? Deve esserci stato un ragionamento simile alla base del provvedimento, di prossima approvazione da parte del governo dei Paesi Bassi volto a rendere l’accesso al Bijstand o (così si chiama il  reddito di cittadinanza in Olanda) un’esperienza tanto dura dal far diventare il sussidio, una vera e propria punizione per chi ha perso il lavoro. Già, perché l’inasprimento, dovuto al combinato disposto di frodi, troppe richieste (quasi mezzo milione) e “turisti del welfare” sarebbe una misura necessaria, a detta dei proponenti, anche per responsabilizzare la cittadinanza e salvare la ricchezza del paese.

E poco importa, se i requisiti per il bijstand sono già rigidissimi e la moltiplicazione di domande è andata, dallo scoppio della crisi, di pari passo con l’aumento della curva dei disoccupati: pacta (di larghe intese) sunt servanda e su questo punto, il partito liberale del VVD non ha voluto sentire ragioni. Così, nel laboratorio europeo del neo-liberismo reale, i colpevoli dello stato comatoso dell’economie diventano quel fardello di mezzo milione di disoccupati danno collaterale dell’applicazione militare della legge della domanda e dell’offerta; se è vero, come dice l’ufficio olandese di statistica che nonostante segnali incoraggianti da parte dell’economia, la disoccupazione non accenna a diminuire (anzi) allora il governo deve correre ai ripari in qualche modo.

E dato che l’austerity non ha scalfito in alcun modo la crisi, tocca inventarsi qualcosa. E di corsa, perché a marzo verranno rinnovati i consigli comunali e a giugno toccherà al parlamento europeo. Potete immaginare quanto fitta sia l’agenda dei politici dell’Aja, soprattutto di coloro che militano nelle file della maggioranza che sostiene il “governo delle larghe intese”?  Ad ennesimo (catastrofico) esperimento di convivenza tra i laburisti del Pvda ed i liberali del VVD , che in un anno e mezzo ha decimato il sostegno ai due partiti maggiori ecco ora, un improbabile inseguimento del razzista Wilders, sul suo terreno; con l’ultima ingegnosa trovata, il leader del PVV (l’adesivo anti-Islam) è arrivato, secondo i sondaggi, a pesare da solo quanto i due partner di governo insieme.

Via allora, alla guerra ai “ladri di sussidi” e stretta su chi reclama il reddito di cittadinanza. Il Bijstand venne istituito negli anni ’60 con l’idea di offrire un “paracadute” a chi fosse rimasto senza un reddito. Oggi, può farne richiesta chiunque sia registrato nei Paesi Bassi ma deve, nell’ordine, fornire un fitto incartamento che comprovi l’effettiva situazione patrimoniale, le domande di lavoro, l’estratto conto e tanta altra documentazione. Dopo l’invio, l’ufficio del lavoro invita per un colloquio e solo allora, viene attivata la procedura di erogazione dei fondi. Le autorità si riservano di interrompere i pagamenti in ogni momento e di sottoporre ad ispezioni a domicilio il richiedente: “ti paghiamo per cercare lavoro” è la ratio. Inoltre, non si tratta certamente di “soldi gratis”: chi fa ricorso al reddito di cittadinanza all’olandese, può in ogni momento essere contattato per lavori sociali. Quanto, come e dove, a totale discrezione dell’ufficio di collocamento che nel suo regolamento, non prevede possibilità di rifiutare le chiamate, pena la sospensione del sussidio.

Se le proposte dovessero diventare legge, i richiedenti saranno obbligati ad accettare lavori anche in altre città e non potranno rifiutare le attività stagionali (racolta di fiori e frutta). Quest’ultimo punto è stato fortemente voluto dalla destra per sostituire con lavoratori “forzati”, gli odiati migranti stagionali dall’Europa centro-orientale che di solito vengono impiegati proprio in queste mansioni. Inoltre, tutti dovranno avere una conoscenza dell’olandese perfetta e non presentare un aspetto che “scoraggi” i datori di lavoro. Questi ultimi due punti hanno sollevato non poche critiche: i corsi di olandese, sono già previsti dalla legge in vigore e quanto all’aspetto, viene riproposta una vecchia ossessione della destra olandese, quella di “sanzionare” barbe, capelli lunghi e piercing. Come se la crisi non fosse maturata nel contesto aziendale da cui proviene proprio il premier liberale Mark Rutte, uomo con alle spalle, una importante carriera nelle risorse umane presso la multinazionale Unilever. Certo, in un mondo perfetto, se il premier avesse perso il suo impiego governativo, a causa dei pessimi risultati conseguiti dal 2010, anno di insediamento del suo primo gabinetto, avrebbe avuto non poca difficoltà a trovare qualcuno disposto ad assumerlo, nonostante l’aspetto rassicurante, la rasatura perfetta ed il sorriso aziendale.

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