Qualcuno, qualche tempo fa, indicando la mia figlia più grande (6 anni a marzo, 18 chili per 114 cm) ha commentato che era “una falsa magra“. Tralasciando la veridicità di questa uscita fatta probabilmente a cuor leggero, già a sei anni, una bambina può diventare oggetto di osservazioni di stampo estetico.

‘Falsa magra’ mi ha portato indietro nel tempo… Nel giro di qualche settimana avrei fatto la Cresima, così mia madre mi portò nel negozio per bambini più in del quartiere; ci passavo davanti tutte le mattine per andare a scuola, l’insegna illuminata e la scritta in francese che quasi nessuno pronunciava correttamente: Les petits. C’era, appena entrate, odore di pulito, la moquette era intonsa, non una gruccia fuori posto.  

Dopo qualche minuto, mia madre mi fa provare una gonna a pieghe blu, entro nel camerino e capisco all’istante, appena la infilo su per la vita, che non si aggancerà mai. La commessa sorride a mia madre e poi le dice (riesco ancora a vedere la faccia di quella signora elegante, un po’ snob): “Ah, è una falsa magra!”. Avevo undici anni e in quel momento intuivo di avere qualcosa fuori posto, di essere un’outsider.

‘Falsa magra’, sulle prime può camuffarsi da complimento (guarda, guarda, di primo acchito sembri davvero magra), ma dopo una più attenta valutazione, indica lo sconfinamento in una categoria inferiore. Il rinvio alla meno decorosa tipologia delle magre fasulle, come se far parte (a undici anni poi!) di questa o l’altra categoria, fosse una scelta voluta.

Cosa vuol dire “essere magri”? E quanto magro è magro? L’essere una ‘falsa magra’ (il contrapposto “falsa grassa” non si sente mai) suppone l’obiettivo a perseguire un certo tipo di forma fisica, magra per l’appunto, ponendola su un piano esteticamente più elevato.

E’ noto a tutti che vivere in sovrappeso crei una serie di problemi legati alla salute, ricercare il giusto peso per godere di un benessere fisico è un valore importante, da promuovere. Non sono certa però che i canoni fisici propinati alla società, abbiano come filosofia la salute, bensì la volontà di proporre la magrezza come primo parametro di bellezza.

Qualche sera fa guardavo Kim Novak in Baciami stupido, una pellicola audace per i suoi tempi, con una Novak esplosiva, formosa (mi ha ricordato Scarlett Johansson e Kate Winslet) e molto attraente. Oggi Kim Novak – tanto quanto le sue corrispettive moderne – non sarebbe definita magra, almeno non secondo le misure convenzionali.

Il concetto di magro equivale ad un fisico piatto, da ragazzo, e quando una ragazza scopre di avere fianchi e curve da donna, viene fatta rientrare in automatico in qualcosa di diverso dallo snello. Il rimpicciolimento delle taglie nei negozi (dove una 44 è ora una 42) è una delle prove che per l’industria della moda, il benessere psicofisico delle clienti, non è una priorità.

E visto che la consapevolezza del proprio corpo – soprattutto a carico delle donne – comincia sempre prima, i genitori sono chiamati a scegliere con cautela anche i negozi più adatti, in modo da proteggere l’autostima delle proprie figlie.

Perché le parole sono importanti.  

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