Tiziano Ferro ha evaso il fisco per 3 milioni di euro”. La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione di Latina, ha respinto il ricorso del cantante ed ha confermato le sentenze del 2012 sulla residenza all’estero fittizia di Ferro negli anni 2006, 2007 e 2008 e lo ha condannato a pagare le spese processuali. Nella sentenza resa nota oggi si legge che l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Latina ha proceduto “ad accertare in capo al contribuente compensi non dichiarati” pari a 2 milioni 38.956 euro, più un imponibile Iva per 1 milione 373.978 euro. Ferro aveva fatto ricorso richiedendo un’istanza di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, contestando vari punti della sentenza, tra cui “il mancato riconoscimento della residenza e domicilio del contribuente nel Regno Unito, in violazione della convenzione fiscale tra quest’ultimo paese e l’Italia” e la “circostanza che tutti gli interessi ed affari intrattenuti dal contribuente indicassero quale sede principale la città di Manchester”.

Secondo la Direzione, “la documentazione fornita appare di fatto inconsistente e comunque non rappresentativa al punto di provare che il contribuente si era realmente trasferito nel Regno Unito”, e nella sentenza vengono considerate prove le apparizioni televisive e radiofoniche, la prevalenza dell’attività artistica su territorio nazionale, l’uso “praticamente quotidiano” di carte di credito, l’uso di uno studio di registrazione a Milano, voli aerei, legami familiari. La Direzione, in seguito ad “un esame dei fatti ma soprattutto da una ricostruzione di tutti gli elementi e documenti”, ha perciò confermato la sentenza di primo grado impugnata dal cantante e lo ha condannato inoltre al pagamento delle spese processuali, pari a 12mila euro. Secondo la Commissione tributaria regionale, “la documentazione fornita appare di fatto inconsistente e comunque non rappresentativa al punto di provare che il contribuente si era realmente trasferito nel Regno Unito”, e nella sentenza vengono considerate prove le apparizioni televisive e radiofoniche, la prevalenza dell’attività artistica su territorio nazionale, l’uso “praticamente quotidiano” di carte di credito, l’uso di uno studio di registrazione a Milano, voli aerei, legami familiari. La Commissione, in seguito ad “un esame dei fatti ma soprattutto da una ricostruzione di tutti gli elementi e documenti”, ha perciò confermato la sentenza di primo grado impugnata dal cantante e lo ha condannato inoltre al pagamento delle spese processuali, pari a 12mila euro.

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