Dal 2006 abbiamo perso oltre un quarto dei consumi petroliferi in Italia.

(Immagine cortesia di “mondo elettrico”)

Di petrolio non si sente parlare quasi mai sui giornali o in Tv. Quando se ne parla è solo per magnificare la nuova rivoluzione del petrolio di scisto che ci porterà abbondanza e bassi prezzi per decenni o anche secoli. Eppure, nonostante la valanga di ottimismo ufficiale, c’è qualcosa che non torna in questa storia. Rinascimento petrolifero, come dicono alcuni? Forse; ed è vero, in effetti, che negli Stati Uniti la produzione ha ripreso ad aumentare dopo quarant’anni di declino. Ma è anche vero che la produzione mondiale di greggio rimane statica o, al massimo, aumenta debolmente se prendiamo in considerazione gli idrocarburi non convenzionali. I prezzi, poi, non si schiodano dal veleggiare intorno ai 100 dollari al barile, cosa che non tanti anni fa avrebbe fatto urlare di orrore tutti quanti. Infine, i consumi in Italia sono in declino ormai da diversi anni, così come lo sono in molti altri paesi. Apparentemente, abbiamo imparato a vivere con questi prezzi ma sembra un po’ la vecchia storia di quel tale che addestrava il proprio asino a vivere senza mangiare. Non è detto che imparare certe cose faccia bene alla salute. 

In effetti, ci sono elementi che indicano che la ripresa produttiva nata con il gas e il petrolio di scisto potrebbe essere impossibile da esportare fuori dagli Stati Uniti e, anche li’, essere di breve durata. Una revisione autorevole della situazione è stata pubblicata da un gruppo di ricercatori americani sulla rivista “Energy”. I risultati di questa analisi indicano che l’esaurimento del petrolio “convenzionale” continua e che le nuove sorgenti riescono soltanto ad aggiungere quel tanto che basta per evitare un crollo produttivo. Ma è una situazione che non può durare molto a lungo. Il petrolio non convenzionale è caro da estrarre, richiede un grandissimo numero di pozzi che, poi, si esauriscono molto più rapidamente di quelli convenzionali. Per non parlare, poi, dei danni ambientali – sia locali che in termini di riscaldamento globale; anche quello ormai fuori controllo. Un analisi molto simile è stata pubblicata dall’economista Michael Klare con il titolo molto chiaro “Il necrologio per il picco del petrolio potrebbe essere arrivato troppo presto”. In sostanza è possibile che i produttori di petrolio non convenzionale siano “alla frutta” come sostiene Tyler Durden.

Cosa ci possiamo aspettare, allora, per l’anno appena cominciato e per i prossimi? Come sempre, le profezie sono difficili, ma è abbastanza chiaro che la situazione con il petrolio è difficile per via dei costi crescenti di estrazione e per il declino delle sorgenti convenzionali. Da qui, c’è più di uno scenario possibile: potremmo vedere ulteriori aumenti dei prezzi, il che porterebbe necessariamente all’aumento dei costi di tutte le materie prime e ad aggravare la crisi delle economie trasformative, come quella Italiana, come avevo arguito in un post precedente sul fattoquotidiano.it. Oppure, potremmo vedere una riedizione della crisi del 2008, con un crollo dei prezzi del petrolio accompagnato da un declino produttivo. Comunque vada, in tutto questo grande rivolgimento mondiale, il classico vaso di coccio siamo noi, in Italia.

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