“Una tragedia annunciata che si poteva evitare”. Puntano il dito contro “la scarsa manutenzione del fiume Secchia” e chiedono a gran voce “che siano individuati tutti i responsabili di un disastro che è costato case, edifici pubblici, aziende e ettari di coltivazioni”, sindaci, cittadini e associazioni della bassa modenese, già terremotata e oggi devastata dall’alluvione generata dall’esondazione del fiume Secchia. Un fenomeno che nella mattinata di domenica 19 gennaio ha rotto l’argine a valle di Modena sommergendo paesi e città, e costringendo migliaia di persone ad abbandonare le proprie abitazioni in fretta e furia per cercare riparo nei centri di accoglienza.

Se la procura di Modena ha annunciato di aver aperto un’inchiesta contro ignoti per disastro colposo dopo il cedimento dell’argine destro del fiume, infatti, in prima fila a chiedere conto della devastazione che il Secchia si è lasciato le spalle ci sono proprio i cittadini, pronti ad avviare una class action non appena le indagini daranno i primi risultati. “Numerose famiglie con l’alluvione, in un attimo, hanno perso tutto – spiega l’avvocato Massimo Jasonni alla stampa locale, che ha ricevuto mandato da un gruppo di abitanti della bassa di collaborare con la magistratura – vivono sfollate, come in tempo di guerra, nella consapevolezza che le loro abitazioni e i loro domicili professionali, travolti dalle acque, saranno irrecuperabili”. E sono “queste famiglie – prosegue il legale – che mi hanno incaricato di collaborare con la magistratura, approfondendo le responsabilità penali, amministrative e civili di un tragico, prevedibile evento che ha cause ben precise in capo agli enti, ai pubblici ufficiali e agli incaricati di un pubblico servizio, che dovevano sovraintendere – e non lo hanno fatto – alla cura del territorio”.

“Poco credibili”, per gli abitanti della bassa, “sono le spiegazioni fornite dall’Aipo”, l’agenzia interregionale per il fiume Po, responsabile anche del Secchia, che annovera tra le concause dell’alluvione l’indebolimento dell’argine provocato dalle tane scavate dagli animali, nutrie, tassi e volpi nello specifico. “Sono decenni che le nutrie scavano negli argini – sottolinea Jassonni – quella che è mancata, e radicalmente, è stata la custodia delle acque pubbliche e, più in particolare, la cura del corso, dell’alveo e degli argini dei fiumi”. Ma sono concordi nell’imputare alla scarsa manutenzione i danni provocati dalla furia delle acque fluviali anche diversi rappresentanti delle istituzioni, dal Movimento 5 Stelle, al Partito Democratico, a Forza Italia, uniti nel chiedere alla Procura di individuare le responsabilità di un disastro del quale solo nei prossimi giorni si potrà iniziare la conta dei danni. “L’esondazione si poteva evitare con normali azioni e interventi di prevenzione – critica il deputato a 5 Stelle originario di Finale Emilia Vittorio Ferraresi – basti pensare che il letto del fiume non viene dragato da decenni ed è più alto del livello della campagna circostante. Di fronte a carenze evidenti nelle politiche di prevenzione, invece, ci si aggrappa a concause di agenti estranei: le nutrie, le volpi, i tassi. Viene da chiedersi, perché non si è provveduto anticipatamente, sapendolo, per limitarne l’azione? L’azione di questi animali non può essere presa a giustificazione di gravi carenze della politica”.

Critico è anche il sindaco di Soliera Giuseppe Schena, eletto con il centrosinistra: “Dal 2009 ad oggi gli interventi di manutenzione sono stati ridicoli, sia in termini di chilometri che di tipologia di intervento”. “E’ dal 2011 che chiediamo conto dello stato di manutenzione del fiume – sottolinea Dante Mazzi, consigliere provinciale di Modena in quota Forza Italia – abbiamo segnalato spesso che c’era un problema che andava affrontato, specie dopo il terremoto che poteva aver provocato ulteriori danni, ma nessuno ha fatto nulla. La pulizia degli argini e degli alvei, di cui Aipo è incaricata, non è una questione di oggi, non ci sono state precipitazioni fuori norma tali da giustificare l’alluvione. Il punto è proprio che è mancata l’ordinaria amministrazione”.

“Forse le tane degli animali hanno contribuito, ma sicuramente la manutenzione è fondamentale e il Secchia ha subito pochissimi interventi in questo senso” racconta Alberto Borghi, primo cittadino di Bomporto eletto col Pd, che appena ventiquattrore fa si è trovato costretto a rivolgere ai suoi concittadini l’appello che nessun sindaco vorrebbe mai pronunciare: abbandonate la città. “La manutenzione, che non è affidata al Comune ma all’Aipo, ha costi molto elevati, tuttavia il fiume è come il corpo umano: se non lo si cura, deperisce. E c’è un unico modo per impedire che disastri come questo si ripetano: la prevenzione”. Una soluzione auspicata spesso, “ma sempre troppo tardi” critica il Mab, il movimento autonomo di base, che già nel 2012 si era rivolto alla Procura della Repubblica e al Consiglio superiore della magistratura “per denunciare lo stato di incuria dei fiumi che attraversano la bassa modenese”. “Evidentemente – racconta Eugenio Celestino del Mab di Modena – era necessario attendere che avvenisse questo disastro per occuparsi del problema”.

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