Qualche giorno fa ho scritto un post sulla tassazione sul lavoro in Italia ed ho letto tutti i commenti. È stato un esercizio veramente formativo! Ben pochi hanno visto la luna, ma a molti non è sfuggito il dito. C’è chi ha visto un dito con artiglio rapace, chi affusolato e ben curato ad imbonire, chi forte e robusto pronto a schiacciare e chi ha visto un dito accusatore a coprire le proprie personali mancanze.

Possibile che sia così difficile comprendere che siamo tutti dentro la stessa barca? Possibile che così pochi abbiano realizzato la differenza che esiste tra grande e piccola impresa? Possibile che invidia, rabbia e cinismo siano arrivati al punto da volere a tutti i costi la contrapposizione tra imprenditori e dipendenti facendo di ogni erba un fascio?

Come qualcuno ha scritto la piccola impresa è quella dove l’imprenditore lavora e suda a fianco del suo collaboratore.

Il piccolo imprenditore è l’operaio di ieri che ha deciso di provare a crearsi un futuro migliore rischiando tutto ciò che possiede. Non conta le ore e, in tutto ciò che fa, ci mette la faccia. Non è a caso che i suicidi tra gli imprenditori riguardano sempre piccoli imprenditori che non hanno saputo superare la vergogna del fallimento. Non dico che si dovrebbe fare un monumento a quelle figure (anche se penso che sarebbe giusto), ma almeno comprendere che sono stati gli artefici del benessere del Dopoguerra.

Vorrei ricordare che lo scopo dell’intraprendere è il guadagno, ma, a mio modesto parere, non a qualunque costo.

Non prevaricando il dipendente. Non “io ingrasso più che posso e tu ti arrangi”. Non “meglio per me, peggio per te e chissenenefrega”. “Le tasse? Le paghino i fessi”. Ma prendersela con gli imprenditori o i lavoratori senza comprendere l’incoerenza comportamentale dei nostri governanti, che vengono meno agli stessi principi fondanti della nostra Costituzione, vuole dire non aver ancora capito a quale disastro stiamo andando incontro.

Quando sottolineo la sperequazione tra tasse sul lavoro e rendite finanziarie non difendo gli imprenditori, ma tutto il lavoro (quello vero, quello che si fa con il sudore, quello che ti fa alzare al mattino presto e ti chiede di correre per portare a casa la “pagnotta”). Non ho mai detto di tassare i risparmi dei pensionati, ma la rendita che questi risparmi genera sì, e deve essere tassato come qualunque altra forma di reddito, senza preferenza alcuna.

La disinformazione, l’approssimazione, il disinteresse, il parolare della politica hanno alla fine ottenuto il risultato sperato: divide et impera. Ognuno a curare il proprio orticello guardando con rabbia o invidia quello del vicino e non vedere che c’è qualcuno, che nel frattempo, espropria entrambi dell’orto.

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